Songwriter e interprete di grande talento, afroamericano di Slab Fork (in West Virginia), Bill Withers, scomparso ieri a 82 anni per complicazioni cardiache, è diventato famoso con Ain’t no Sunshine, un 45 giri del 1971, un tormentone soul delicato e intrigante che faceva parte del suo primo album, Just as I Am, un disco pubblicato pagando lo studio di registrazione coi suoi risparmi, 2500 dollari, lavorando alla catena di montaggio dei gabinetti per aerei della Boeing a Los Angeles. Per la copertina dell’album un amico andò a fargli delle fotografie durante la pausa pranzo e lo ritrasse appoggiato al muro.

UN RAGAZZINO ultimo di sei fratelli, nato nel 1938, che aveva perso il padre a 13 anni con la madre a fare la donna delle pulizie, «cresciuto dalla comunità, siamo la generazione che si è battuta per i diritti civili e per l’eguaglianza» (dirà in un’intervista televisiva) per sette anni nei marines prima di entrare a lavorare in fabbrica di giorno e a girare i locali della metropoli californiana, distribuendo nastri di prova delle sue canzoni.

Clarence Avant, capo della piccola etichetta indipendente Sussex Records, lo presentò a Booker T.Jones che gli produsse l’album di debutto, ingaggiando pure Stephen Stills in qualche brano. E proprio loro l’aiutarono quando Withers non aveva ancora scritto il testo di Ain’t no Sunshine ed era titubante ma ripeteva semplicemente I know, i know che diverrà il ritornello del brano, presto disco d’oro come il successivo Lean on Me. Le sue canzoni avevano un carattere molto personale, forti qualità ritmiche con evidenti influenze gospel come nel doppio album Live at Carnegie Hall dove raccontava come i suoi brani nascessero dalle svariate esperienze fatte.

DOPO 8 ALBUM e meno di 15 anni di carriera, con altri hit come Just the Two of Us (con Grover Washington) e In the Name of Love (con Ralph McDonald) e tante altre canzoni (che verranno reinterpretate e campionate da tanti giovani artisti) si è ritirato nel 1985 per contrasti con l’industria discografica e non ha mai più cantato, omaggiato con l’ingresso nella Rock and Roll Hall of Fame nel 2015.