«È la democrazia», è il commento a caldo della presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, per definire il fallimento del Consiglio europeo straordinario che avrebbe dovuto stabilire il bilancio pluriennale, 2021-2027, dell’Unione europea, il primo post-Brexit. 48 ore di negoziato, una notte bianca, e poi con 9 ore di ritardo, una ultima riunione di soli 20 minuti per ammettere il fallimento. Anche senza i britannici, da sempre accusati di frenare, i 27 non sono riusciti a mettersi d’accordo. Ieri sera, non era ancora chiaro quando sarà convocata una prossima riunione. Emmanuel Macron ha parlato di «settimane, mesi». I 27 devono definire un bilancio pluriannuale, che tenga conto dell’uscita della Gran Bretagna, che era il secondo contributore netto dopo la Germania e che farà mancare 75 miliardi su 7 anni. «L’Europa è un progetto, non un conto», ha commentato il lussemburghese Bettel. Per il gruppo S&D, «i leader sono ossessionati da interessi nazionali sui soldi e perdono la visione generale», il summit «rivela profonde differenze sulla visione», che porta in un «vicolo cieco». Sintomatico: Giuseppe Conte parla di Coronavirus all’uscita del Consiglio e evoca, escludendola per il momento, l’ipotesi della sospensione di Schengen. «Abbiamo un’Europa ambiziosa, più investimenti, più crescita, più occupazione, Europa che offra più possibilità», sogna il primo ministro italiano, per questo «non abbiamo raggiunto un accordo»: «restiamo ambiziosi e siamo in ottima compagnia per un’Europa ambiziosa». Ma non c’è per il momento un accordo.

PER ANGELA MERKEL ci sono troppe «linee rosse», “differenze troppo grandi per un accordo”. Ma la Germania ha bloccato i passi avanti sulle risorse proprie: la Francia aveva proposto di bypassare il blocco dei «frugali» (Olanda, Austria, Danimarca e Svezia) che vogliono fermarsi all’1% del pil – «altro che frugali, sono tirchi» per il portoghese Antonio Costa – adottando delle nuove fonti di entrate per la Ue, come una tassa sulle plastiche non riciclabili, carbon tax alle frontiere e persino una tassa sulle transizioni finanziarie. «Constato un disaccordo», ha commentato Macron, «non siamo riusciti a trovare un accordo, mi dispiace molto profondamente».

LA FRANCIA HA PUNTATO I PIEDI sulla Pac, la politica agricola «uno dei due pilastri» della Ue (con le politiche di coesione), che «permette di nutrire gli europei» e sarà uno degli elementi-chiave per «la transizione climatica» (oggi si apre a Parigi il Salon de l’Agricolture, Macron ha rifiutato la diminuzione del 14% del bilancio della Pac, 80 miliardi di meno, e se non ci sarà accordo entro fine anno, resterà il sistema attuale): «non è la Pac che deve pagare per la Brexit» ha concluso il presidente francese. Per la Francia è «inaccettabile un’Europa che compensa l’uscita della Gran Bretagna riducendo i mezzi».

Il presidente del Consiglio, Charles Michel, si vuole ottimista malgrado il fallimento: «la buona notizia è che c’è una convergenza per riuscire nel futuro» e elenca Pac, Fondi coesione e le nuove politiche (agenda digitale, immigrazione sicurezza, difasa), ma constata: «è più difficile mettere delle cifre». La sua ultima proposta, respinta dai 27, è stata di portare il budget all’1,069% del pil europeo, cioè un risparmio di 24 miliardi. La Commissione aveva proposto 1,1, mentre il Parlamento resta deciso su un 1,3% (e paradossalmente ieri l’unico a difendere questa posizione è stato Orban). L’Europarlamento è molto irritato: pensano che «bluffiamo» dicono, mentre i deputati sono decisi a bocciare un budget al ribasso (c’è la codecisione, il budget deve passare anche dal voto del parlamento). Michel ha anche accettato di concedere ai «frugali» di mantenere il 100% del rebate, lo “sconto” (cioè soldi restituiti) per i contributori netti (c’è anche la Germania che ne beneficia). L’Austria era riuscita a trappare 100 milioni in più.

ADESSO CI SARANNO settimane di trattative tra le capitali. L’Italia si allea con Romania e Portogallo per portare avanti una proposta. Le 48 ore del Consiglio straordinario sono state riempite da incontri paese per paese con il presidente del Consiglio Ue, da riunioni di gruppi di stati più o meno improvvisati. La battaglia è stata su dei decimali, ma nel bilancio il secondo decimale dopo la virgola (1,07 o 1,06) equivale a 10 miliardi.