La ruota della crisi politica sembra muoversi inesorabilmente a favore di Alexander Lukashenko. La morsa della repressione si muove con circospezione ma senza trovare perlomeno per ora seri ostacoli. Ieri il procuratore generale della repubblica, Alexander Konyuk ha dato notizia che stato avviato un procedimento penale «contro la creazione e le attività del Consiglio di coordinamento dell’opposizione».

Secondo il ministro «le attività del Consiglio di coordinamento mirano a prendere il potere statale, oltre a danneggiarne la sicurezza». Allo stesso tempo il ministro della difesa Viktor Khrenin dava l’ordine all’esercito di condurre delle esercitazioni tattiche su larga scala nella zona di Grodno, non lontano dalla frontiera polacca.

«Vediamo che oggi ci sono interferenze negli affari interni del nostro stato. Prevediamo lo sviluppo di varie opzioni. Sulla base di ciò, ho deciso di condurre una complessa esercitazione tattica con le truppe del comando operativo occidentale» ha affermato il ministro. Due mosse di Lukashenko per saggiare la forza di reazione del neo costituito «governo ombra» dell’opposizione, debole e incerto.
Ha chiesto un incontro con il ministero degli interni e la procura (senza ricevere alcuna risposta) e Maria Kolesnkova (moglie del candidato alle presidenziali in galera Victor Babariko) ha lanciato un appello video agli ufficiali dell’esercito perché passino con l’opposizione.

Ma difficilmente parole come «diventiate eroi a fianco del popolo» potranno avere una qualche ricaduta su un corpo che ha fatto del legame con il capo dello Stato il motivo della sua stessa sussistenza. Significativa a tale proposito è stata ieri la pubblicazione di una registrazione audio di una riunione a porte chiuse del ministro della difesa Khrenin con i capi delle unità del ministero della difesa, dello Stato maggiore e delle Forze armate bielorusse.

In questo audio Khrenin cerca di convincere i militari che dovranno eseguire qualsiasi ordine, anche criminale: «Questa donna (Tikhanovskaya) ci chiama a tradire, a infrangere la legge,a non eseguire gli ordini. Criminali o non criminali che siano gli ordini vanno eseguiti, siamo militari». E aggiunge: «Forse entreremo in una guerra civile, il prezzo della vita umana perde ogni giorno il suo valore…Chi dubita, è meglio se ne vada adesso». Tykahnovskaya dal suo rifugio lituano invece non è riuscita a far altro che a partorire il topolino della richiesta all’Estonia di portare la vicenda bielorussa all’attenzione dell’Onu, dimostrando ancora una volta che le qualità di leader politico non si inventano.

La stessa opposizione che scende in piazza resta «fai da te», senza una direzione autorevole e legata alle spontanee ondate emotive. A Grodno, non lontano dal confine polacco, l’altro ieri sera la manifestazione seppur molto affollata, ha assunto le tinte del secessionismo: «Polonia! Polonia!» ha iniziato a gridare la folla. Si tratta della dimostrazione di come, venendo a mancare uno sbocco politico, un movimento democratico possa assumere contorni non meno reazionari del potere che combatte.

I numeri nelle piazze sono sempre a favore delle opposizioni, ma le manifestazioni a favore del presidente in carica – seppur telecomandate dalle amministrazioni – ci sono state anche a ieri, la più importante a Brest. In serata il popolo bianco-rosso ha riempito di nuovo la piazza dell’Indipendenza dove ha sede il governo e si è appellato ai lavoratori gridando «fabbriche, bravi!» cosciente che solo dalla classe operaia può venire un cambio deciso dei rapporti e dopo aver saputo che il presidente del comitato di sciopero della Maz, Evgeny Bokhvalov, era stato arrestato.

Ma il movimento degli scioperi è per ora in stand-by: si stanno raccogliendo firme, si preannunciano fermate, si fanno assemblee ma la paura sembra che nei reparti faccia Novanta.