Otto anni di carcere duro per il reporter bielorusso Andrzej Poczobut che potrebbero significare 96 mesi in campi di lavoro forzato sotto il regime di Lukashenko.

RITENUTO dai giudici «una minaccia per la nazione bielorussa», il giornalista e dissidente è stato condannato mercoledì scorso, in un processo svoltosi a porte chiuse, anche per i reati di istigazione all’odio e propaganda nazista. Poczobut era stato arrestato due anni fa nella città di Hrodna, bastione della folta minoranza polacca presente nel paese, di cui fa parte lo stesso giornalista. Era da lì che Poczobut scriveva i suoi articoli – considerati scomodi dal potere – per Gazeta Wyborca, il principale quotidiano di opposizione polacco. «In provincia la pressione sui giornalisti può essere perfino più forte lontano dagli occhi indiscreti della capitale. Ad ogni modo, la sicurezza di cui gode un corrispondente straniero sarà sempre maggiore rispetto a quella di qualsiasi giornalista locale. Nel mio caso il problema risiede nel fatto che sono un cittadino bielorusso difeso e tutelato da una redazione al di fuori del mio paese», aveva confessato dopo il suo primo arresto nel lontano dicembre del 2010, a ridosso delle presidenziali dalle quali Lukashenko sarebbe uscito vincitore con un quarto mandato consecutivo nonostante le solite contestazioni e accuse di brogli.

NEI DUE ANNI successivi viene arrestato altre due volte tra computer confiscati e diversi blitz del Kgb nel suo appartamento. La seconda volta viene liberato ma con il divieto di lasciare Hrodna. Anche se il giornalista bielorusso continua ad avere tutte le carte in regola per ottenere la cittadinanza polacca, non ha mai voluto lasciare il proprio paese per paura di non potervi fare ritorno.

Poczobut è anche un esponente di spicco di quel ramo dell’Associazione dei polacchi in Bielorussia (Zpb), con sede nella stessa regione, considerato marcio dalle autorità bielorusse. Con la mancata “rivoluzione delle ciabatte”, partita dal basso e repressa nel sangue dal dittatore bielorusso nell’estate del 2020, anche la minoranza polacca finisce nel mirino di Lukashenko. Oltre a Poczobut viene arrestata anche l’ex-presidente della Zpb, Andzelika Borys, liberata poi a marzo scorso. Nessuno sconto invece per il giornalista: «Non nutro nessuna speranza sull’esito del processo. Accetterò il verdetto con serenità e finirò con la coscienza tranquilla in un lager. Questo è il mio destino», aveva scritto qualche mese fa con un certo fatalismo in una delle sue ultime lettere dalla prigionia.

«È UNA SENTENZA disumana e l’ennesimo atto di persecuzione dei polacchi in Bielorussia», ha commentato il premier polacco Mateusz Morawiecki, un convinto sostenitore della pena di morte proprio come Lukashenko.