E ora che il Pd, come un sol uomo, si schiera compatto contro ogni ipotesi di amnistia che includa anche una via d’uscita per Silvio Berlusconi, trovare qualcuno che tenga comunque la barra dritta sul principio di giustizia che – costi quel che costi – aborrisce l’attuale condizione delle galere e delle aule di tribunale italiane, diventa impresa assai ardua. Perfino un partito libertario e garantista come Sel preferisce dire no ad un provvedimento di clemenza generalizzato che includa anche «i reati più odiosi, quelli dei colletti bianchi», come ha spiegato ieri Gennaro Migliore dimenticando forse che di «colletti bianchi» in carcere se ne trovano davvero pochi.

E così anche sulle vie più garantiste del Pd si scontrano oggi voci che fino all’altro giorno si sollevavano all’unisono in favore dell’amnistia e delle riforme necessarie a combattere il sovraffollamento carcerario e l’intasamento del sistema giudiziario. Fausto Raciti, segretario nazionale dei Giovani democratici, per esempio, ha aderito perfino alla campagna di Antigone «3 leggi di iniziativa popolare per i diritti». Ma si dichiara oggi contrario «all’amnistia fatta per sanare indirettamente un problema politico».

Viceversa invece il vicepresidente della Camera Roberto Giachetti non ha remore e si schiera esplicitamente contro il suo stesso partito: «Sono stufo di non fare le riforme della giustizia o i provvedimenti che servono per la povera gente solo perché potrebbero servire anche a Berlusconi. Sono 20 anni che siamo fermi su questo punto e infatti la condizione delle carceri e del sistema giudiziario è palese».

Giachetti pensa che il Pd «sbagli, e non da oggi» a focalizzare l’attenzione su Berlusconi anziché «sulle decine di migliaia di detenuti che vivono in condizioni disumane» sotto la custodia dello Stato. Ma se ne guarda bene dal sollecitare direttamente i suoi colleghi di partito perché «ogni volta che rivolgo appelli al Pd, il Pd fa esattamente il contrario, come nel caso della legge elettorale. La classe dirigente democratica conosce perfettamente la mia posizione – aggiunge Giachetti – perché da anni ormai sollecito le riforme della giustizia e chiedo di affrontare il tema dell’amnistia. Ma devo invece solo prendere atto di essere in netta minoranza, o che addirittura forse la mia è una posizione isolata».

Eppure parliamo dello stesso partito dilaniato dal dubbio che nelle sue file si possano nascondere alcuni «franchi tiratori» pronti a votare perfino contro la decadenza del Cavaliere. Giachetti smentisce categoricamente: «Non credo proprio che si sia il rischio di franchi tiratori, se così fosse sarebbe davvero deflagrante per i democratici. Ma mi sento di poterlo escludere e comunque non credo che l’alternativa alla decadenza sia l’amnistia».

Di tutt’altro avviso invece Fausto Raciti che non riesce proprio a digerire neppure l’idea di sfruttare – per una volta –Berlusconi in favore dell’Italia e per una giusta causa. «Apprezzo lo stimolo e la generosità del proposito ma temo che si possa ingenerare un equivoco – risponde il giovane democratico –. La condizione delle carceri è sempre stata drammaticamente trascurata dall’opinione pubblica e politica, salvo tranne rari momenti; pensare oggi che si possa sfruttare questa condizione per trovare la soluzione ai problemi di un dirigente politico di primissimo piano mi sembra del tutto improprio. Tra l’altro i problemi che attanagliano Berlusconi, cioè la decadenza dal Senato e l’interdizione dai pubblici uffici, hanno natura completamente diversa da quelli per i quali si vorrebbe sollecitare l’amnistia».

C’è solo un dubbio: e se il Cavaliere risolvesse ancora una volta i suoi problemi giudiziari in altro modo, non sarebbe un peccato aver perso l’unica opportunità di costruire una maggioranza parlamentare favorevole all’amnistia? «Non so se e come Berlusconi risolverà i suoi problemi – risponde Raciti – dico solo che è inaccettabile che un problema giudiziario venga trasformato in un problema politico. E politicamente il Pd non può dimenticare che nel suo stesso atto fondativo c’è il rifiuto dei partiti carismatici, partiti che non possono funzionare all’interno di una normale democrazia».