Un passo avanti e due indietro. Silvio Berlusconi non può ancora far saltare il banco. La permanenza nel governo della larghe intese è l’unico asso nella manica che gli resta per affrontare la sentenza della Cassazione del 30 luglio. «È il momento di essere uniti» e non lanciare «attacchi singoli» al governo, ha raccomandato ai suoi il cavaliere dimezzato durante l’ufficio di presidenza tenutosi ieri a palazzo Grazioli. L’esecutivo per il momento non è in discussione, ma il Pdl promette di andare fino in fondo su Imu e Iva. Come dire che se Letta cadrà non dovrà essere, almeno in apparenza, per un «fallo di reazione» legato alle vicende giudiziarie del leader.

La battaglia sulla giustizia contro la magistratura che anche ieri Berlusconi ha definito un’«associazione segreta» si farà solo nei territori. In parlamento, invece, si procede con il bastone e la carota. Una doppio binario che Epifani ha definito «schizofrenico», che però sta mandando in frantumi il Pd. Ieri è bastata un’indiscrezione uscita da palazzo Grazioli per agitare gli alleati sempre più imbarazzati e imbarazzanti del Pdl. Berlusconi avrebbe detto che l’accelerazione dei suoi processi sarebbe responsabilità di «una parte della maggioranza contraria alle larghe intese». Dunque colpa del Pd che a questo punto sarebbe stato costretto a rispondere per le rime. Ma la mina viene subito disinnescata da una nota del Pdl. Berlusconi ha solo detto: «C’è chi non vuole un governo di pacificazione ma senza riferirsi o accusare nessuna forza della maggioranza». Sospiro di sollievo.

Il cavaliere però non ha nessuna intenzione di restare in doppiopetto ad aspettare il 30 luglio. Al di là della linea ufficiale, le minacce e gli avvertimenti restano all’ordine del giorno. Ieri ci ha pensato il capogruppo Pdl al Senato, Renato Schifani: «Se il partito restasse acefalo ci sarebbero non pochi problemi a sostenere ancora il governo». Letta avvisato mezzo salvato. Almeno fino a settembre quando Berlusconi riesumerà Forza Italia, segno che la campagna elettorale è già iniziata. E visto che non può prendersela con il Pd, Berlusconi ieri si è esercitato nel gioco preferito dalla maggioranza delle larghe intese: scagliarsi contro Grillo, «un bluff fermo al 15%».