Chiederà (meglio, farà chiedere ai suoi avvocati) un atto di clemenza al presidente della Repubblica. Ma prima, e per poterlo chiedere, sceglierà di scontare l’anno di carcere residuo (quello che non è coperto dall’indulto) attraverso l’affidamento in prova ai servizi sociali. Sembra questa la strada che Silvio Berlusconi ha deciso di percorrere e molto presto dovrebbe essere lui stesso ad annunciarlo. Deve solo trovare il modo di non dire troppo, per continuare a potersi dichiarare innocente, né troppo poco, per mostrare di accogliere l’invito di Giorgio Napolitano a fare un «gesto di rispetto dei doveri da osservare in uno Stato di diritto».
È vero che il Cavaliere ha tempo fino a metà ottobre per inoltrare formalmente la richiesta al tribunale di sorveglianza. Ma prima di quella data il condannato avrà bisogno di dare segnali importanti non solo al Quirinale, ma anche al senato della Repubblica.

La prossima partita, infatti, andrà in scena nella giunta per le elezioni. Ed è ancora tutta da giocare. Non perché possano esistere dubbi sulla decadenza di Berlusconi dopo la condanna definitiva (così come, per gli effetti della legge Severino, non ci possono essere dubbi che per sei anni gli uffici elettorali non potranno accettare la candidatura di Berlusconi al parlamento). Ma perché un voto del senato contro il Cavaliere – sia in giunta dove l’esito è scontato, sia in aula – avrebbe l’effetto immediato di dissolvere le larghe intese. Ma visto che l’articolata nota di Napolitano e tutte le mosse conseguenti hanno il dichiarato obiettivo di puntellare il governo Letta, è evidente che una qualche soluzione al problema del voto in senato bisognerà trovare. Verosimilmente per allontanare il momento della conta.

Non sarà impossibile trovare argomenti. Non bisogna mai dimenticare infatti il precedente di Cesare Previti che, interdetto definitivamente dai pubblici uffici, riuscì a resistere 15 mesi in una camera a maggioranza di centrosinistra prima di essere costretto alle dimissioni. Berlusconi non sarà certo da meno.
La scelta dell’affidamento in prova ai servizi sociali aiuterà anche in questo caso. Perché la legge prevede che in caso di esito positivo della prova risulti estinto «ogni effetto penale» della condanna. Secondo una scuola di pensiero, questo vorrebbe dire che, come ha spiegato ieri l’ex ministro berlusconiano delle giustizia Nitto Palma, «sarebbero travolte la pena principale, le pene accessorie (cioè l’interdizione dai pubblici uffici) e gli effetti penali (tra cui la cosiddetta incandidabilità». E allora in giunta i senatori del Pdl si preparano a sostenere che il Cavaliere è avviato a recuperare appieno i suoi diritti. E dunque non deve decadere. Ma prima i berlusconiani chiederanno di aspettare le motivazioni della Cassazione, quelle che la Corte licenzierà con tutto l’imbarazzo conseguente alla famosa intervista in cui il presidente Esposito le ha in parte anticipate. E il ricorso alla corte di giustizia europea. E prima ancora il Pdl agiterà il problema della retroattività della legge Severino, argomento assai specioso che però offre al relatore Augello (Pdl) l’opportunità di convocare gli esperti. «Fior di giuristi sono pronti ad affermare che la legge Severino ha effetti penali» (dunque non può essere applicata retroattivamente), ha sostenuto ieri il ministro delle riforme Quagliariello. Indicando la strada per tenere ancora un po’ le larghe intese al riparo dal caso Berlusconi: «Credo che in giunta ci siano molte cose da chiarire, vista la delicatezza della vicenda e le conseguenze politiche». Occorre tempo, insomma. E il Pd potrebbe concederlo, per evitare al governo Letta un settembre burrascoso. Ma il presidente della giunta Stefano assicura: «Stiamo agendo nel più breve tempo possibile».