Sul contrasto alla pedofilia del clero «la Chiesa è arrivata un po’ tardi» e «quando la coscienza arriva tardi anche i mezzi per risolvere il problema arrivano tardi». Papa Francesco riceve in udienza i membri della Pontificia commissione per la tutela dei minori ed esprime una chiara autocritica su come le istituzioni ecclesiastiche cattoliche hanno affrontato la questione pedofilia. Per esempio facendo ricorso alla «pratica di spostare da una diocesi all’altra» i preti pedofili, senza denunciarli, e in questo modo consentendo loro di continuare ad commettere abusi altrove, dove non erano conosciuti.

Severo anche il giudizio sull’operato della Congregazione per la dottrina della fede, che si occupa degli abusi e di cui il papa denuncia le lentezze: «Ci sono tanti casi che non vanno avanti». Inoltre nella commissione interna all’ex Sant’Uffizio, aggiunge Francesco, permane ancora l’indulgenza: «Ci sono troppi canonisti, esaminano se tutto il processo va bene, se non c’è un qui pro quo», ma così «c’è la tentazione degli avvocati di abbassare la pena».

L’autocritica del papa è anche personale, in riferimento al caso di don Mauro Inzoli – il prete di Cl condannato a 4 anni e 9 mesi per pedofilia – e alla sua decisione di non procedere immediatamente alla dimissione dallo stato clericale, arrivata solo dopo la condanna penale. «Ma dopo due anni questo è ricaduto», confessa Francesco, che ammette di «aver imparato da questo sbaglio»: «Anche un solo abuso su minori, se provato, è sufficiente per ricevere la condanna senza appello», afferma il pontefice. «Chi viene condannato può rivolgersi al papa per chiedere la grazia. Io mai ho firmato una di queste e mai lo firmerò». Resta tuttavia il nodo della denuncia del prete pedofilo alle autorità civili: questo ancora non avviene, e Francesco non ne fa cenno nel suo discorso. Un punto dolente che, se non affrontato, rende meno credibile la “tolleranza zero” applicata a livello canonico.
Frattanto da Oltretevere arriva anche un’altra notizia: la gendarmeria vaticana, ufficialmente per ragioni di «sicurezza» – ma qualcuno parla di «decoro» –, ha allontanato dall’area di piazza san Pietro i clochard, aumentati da quando papa Francesco ha fatto costruire un dormitorio oltre che bagni e docce sotto al colonnato.

Un intervento “stile Minniti” che ha suscitato perplessità, tanto da costringere il direttore della Sala stampa vaticana, Greg Burke, ad una precisazione: «Sono state esclusivamente ragioni di sicurezza ad aver determinato l’allontanamento dei senza fissa dimora da alcune aree extraterritoriali nei pressi del Vaticano. I clochard possono tornare la sera a dormire sotto i propilei dell’ultimo tratto di via della Conciliazione e sotto il colonnato di piazza san Pietro per proteggersi dalla pioggia. Ma di giorno non possono più restare per ragioni di sicurezza: le loro borse e valigie non possono essere continuamente controllate e non sempre si riusciva poi a sapere di chi erano quando le lasciavano per andarsene in giro».