Bennett e la abusiva di Gloucester Crescent
Commedia inglese La vecchia clochard che viveva in un furgone presso la villetta vittoriana dello scrittore, è divenuta personaggio: libro e film, script, diario, da Adelphi
Commedia inglese La vecchia clochard che viveva in un furgone presso la villetta vittoriana dello scrittore, è divenuta personaggio: libro e film, script, diario, da Adelphi
Se c’è una strada a Londra più iconica di altre, un indirizzo anche stile di vita, è Gloucester Crescent, London NW1 – nido di intellettuali dagli anni sessanta del secolo scorso e ancor oggi abitata da giovani scrittori in carriera che forse, come i loro predecessori, recensiscono i rispettivi libri, condividono successi pubblici, tragedie private, cene in raffinate cucine. A rendere famosa quella comunità di preziosi «glitterati» (intellettuali famosi), usciti da Oxbridge, lettori a suo tempo di Private Eye, New Stateman, Observer, esteti ma con simpatie a sinistra, è stato soprattutto quell’instancabile pettegolo di Alan Bennett (già commentato su «Alias») che li espose al pubblico nella soap opera, Life and Times in NW1 degli anni sessanta.
Gloucester Crescent, una mezzaluna di graziosi villini vittoriani confinanti con le settecentesche Nash Terraces e il verde Regent Park, era in stato di abbandono quando un giorno del 1969 era passato di lì appunto Alan Bennett, e si era innamorato del numero 23, una villetta costruita nel 1840 – ignorando che Dickens aveva abitato poco lontano, al numero 70. Bennett cominciò a scriverne nel suo diario quando si insinuò nella sua proprietà – e nella sua vita – una inquilina abusiva e offensiva, spavalda e patetica come Miss Mary Shepherd. Era il 1974 quando, temporaneamente come disse, Miss Shepherd piazzò il suo furgone (che era anche la sua abitazione) nello stretto ingresso del numero 23, e lì rimase per quindici anni, fino alla morte della proprietaria. Non erano mai mancati gruppi di pittoreschi clochard nella storia di Gloucester Crescent, ma nessuno poteva vantare l’eccentrica figura di ex ballerina, alta e dai gran piedoni, di Miss Shepherd – o forse fu una pianista –, le sue fantasiose mise di vari stracci sovrapposti di vari colori, i bizzarri copricapo tenuti insieme da un robusto foulard. Della intensa vita che si svolgeva tutta all’interno del furgone c’erano diverse testimonianze: l’intensa puzza che investiva Alan e i suoi amici quando dovevano oltrepassarlo per entrare in casa, i pannoloni stesi sul tetto ad asciugare, copie delle lettere indirizzate al primo ministro o al sindaco o a chi si fosse reso colpevole di qualche negligenza offensiva delle libertà civiche. Oltre al furgone possedeva una Reliant Robin, due sedie a rotelle, un passeggino pieghevole, un passeggino pieghevole a due posti … «Aveva un conto corrente e dei titoli. Ho sentito più volte qualche passante che insinuava: ‘Lo sai che è milionaria, no?’ Come dire: altrimenti quale persona sensata la terrebbe a vivere lì?».
Miss Shepherd vorrebbe presentarsi alle elezioni con il suo partito Fidelis Party, ma non ha soldi per comizi e volantini, «Magari scrivo il programma sul marciapiedi e basta; cosi si diffonde in un baleno». Dopo la sua morte, avvenuta quando cadde nella rete di ufficiali sanitari che la lavarono, la rivestirono, e la prepararono non volendo per l’aldilà, Bennett riscattò il suo vile rapporto con l’imperiosa signora scrivendo la storia di quella liaison quasi coniugale, di condiscendenza e di odio, sottomissione e rancore che lo avevano avviluppato come il fetore emanato da lei, e quella ragionevole follia che in qualche modo si intrecciava a un Alan segreto e vergognoso, dialogava con infantili fantasie malaticce e visionarie, con una perduta fisicità. «Non metti te stesso in quello che scrivi, ti ci trovi dentro». Ne venne fuori un buon racconto, poi un film, poi il diario del regista, Nicholas Hytner, che aveva dato vita alla Miss Shepherd filmica, poi dell’attrice, la grande Maggie Smith che ne aveva scoperto la nascosta nobiltà. L’epopea di Miss Shepherd, apparsa per la prima volta nel 1989, poi nel film del 2015, in Adelphi nel 2003, è ora ripresentata al completo in La signora nel furgone e le sue conseguenze, con prefazione di Nicholas Hytner, introduzione di Alan Bennett, testo originale e sceneggiatura del medesimo, traduzione di Giulia Arborio Mella e Mariagrazia Gini, e deliziosi sketches di David Gentleman (Adelphi «Fabula», pp. 178, € 18,00).
Nel film l’alter ego di Alan finalmente si sfoga: «…è una vecchiaccia maleducata, intollerante, irascibile subdola, implacabile, egocentrica e fetida, fissata coi motori. Per non dire delle sue feci volanti…». Travolto da opposti e violenti rimorsi Bennett ha donato alla Bodleian Library di Oxford il suo archivio completo del mucchio di cartacce di Miss Shepherd (pamphlet, liste della spesa, scarabocchi vari) che ora fanno bella figura negli stessi scaffali che ospitano il First Folio di Shakespeare, la Bibbia di Gutenberg e altri pregiati manoscritti. In Gloucester Crescent una targa blu ricorda ai passanti «Qui ha vissuto (1974 – 1989) Miss M.T.Shepherd ‘La signora nel furgone’».
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