Ai cancelli della fabbrica gli operai della Bekaert hanno la faccia di chi ha dormito poco, aspettando notizie da Roma. Buone notizie: “Se penso che domani saremmo stati licenziati – tira le somme uno di loro – mentre ora avremo la cassa integrazione e saremo tutelati per quindici mesi, non posso che essere contento”. L’accordo è stato firmato al Mise qualche minuto prima di mezzanotte, dopo una lunga maratona negoziale che, nel complesso, ha visto prevalere la strategia d’azione di Fiom Fim e Uilm. Compresa la possibilità di cessione del sito produttivo anche ad aziende concorrenti della multinazionale belga, pur se soltanto nel campo del “filo tubi”, tecnicamente l’ “hose wire”.
Nel dettaglio sono cinque i punti qualificanti dell’intesa, fra cui quello che prevede la continuazione dell’attività produttiva, e quindi il pagamento dello stipendio, fino al 31 dicembre prossimo, e l’attivazione della cigs “per cessazione” a partire dal primo gennaio e fino al 31 dicembre 2019. Si tratta appunto del piano di mitigazione sociale, con a seguire il sostegno alla reindustrializzazione, la riqualificazione dei lavoratori, il loro ricollocamento attivo, e il monitoraggio trimestrale del piano. In definitiva le organizzazioni sindacali e le istituzioni hanno circa 15 mesi di tempo per dare un futuro ai 318 addetti diretti di Bekaert, cui vanno aggiunti un centinaio di lavoratori dell’indotto.
Oltre alla cassa straordinaria, l’accordo sancisce che l’azienda manterrà a Figline da qui a fine anno un’attività produttiva, prima di delocalizzare tutto il Romania. Ogni giorno verranno quindi lavorate le quantità di prodotto definite dall’accordo. Per il sostegno alla reindustrializzazione, Bekaert si impegna a promuovere la cessione a imprenditori che presenteranno piani industriali solidi. Fattori prioritari di valutazione saranno il mantenimento dei livelli occupazionali, la leadership nel settore di appartenenza, e tempistiche adeguate.
Per favorire il processo, Bekaert farà uno sconto sul prezzo di vendita del sito industriale di Figline, nella misura di 40mila euro per ogni lavoratore reimpiegato. Da parte sua il governo si impegna a coinvolgere Invitalia (l’Agenzia pubblica per gli investimenti produttivi), per sostenere i progetti di reindustrializzazione, in sinergia con la Regione Toscana e le altre istituzioni. Saranno messi a disposizione tutti gli strumenti e gli incentivi previsti dalla legge. Sulla riqualificazione del personale sarà la Regione a fare la parte principale, con le sue politiche attive per il lavoro. Infine le organizzazioni sindacali e l’azienda hanno definito gli “incentivi all’esodo”: si va dalle 6 alle 24 mensilità, a seconda dell’anzianità di servizio, con tremila euro per chi durante la cigs potrà andare in pensione.
“Ora l’accordo sarà sottoposto al giudizio dei lavoratori – anticipa Giuliano Poggialini, delegato Uilm della Rsu – abbiamo fatto un miracolo sindacale garantendo cigs e un piano sociale non facile da contrattare. Ora il nostro futuro dipende dalla reindustrializzazione dello stabilimento, che però ad oggi non è certo scontata”. Sul punto il presidente toscano Enrico Rossi guarda al domani: “L’obiettivo su cui intendiamo lavorare, insieme al sindaco Mugnai, è il pieno utilizzo del grande stabilimento nel cuore della città. Non sarà facile arrivarci, ma sarebbe un grande esempio di come si può uscire bene da una situazione critica”.
“La lotta dei lavoratori – sintetizza Daniele Calosi della Fiom – ha avuto il merito di sollevare la necessità del ripristino della cigs per cessazione di attività, eliminata dal jobs act”. “La lotta paga – commenta a sua volta il segretario confederale Maurizio Landini – il jobs act si può cambiare. Un risultato importante quindi, che riconosce la dignità del lavoro e il ruolo insostituibile del sindacato. La Cgil ringrazia i lavoratori, e quanti si sono impegnati in questa battaglia di civiltà”. Che sono stati tanti, in un’estate che da queste parti sarà ricordata a lungo. “L’importante – chiude un altro operaio ai cancelli della fabbrica – è che chi viene abbia voglia di lavorare. Non come Bekaert”.