La Grecia contro la (ex?) Troika. Questa può essere considerato il fulcro del dibattito dei movimenti sulla crisi europea. L’esito del lungo, estenuante, braccio di ferro fra i due contendenti iniziato dopo la vittoria di Syriza alle elezioni greche (semplicisticamente ricondotto a un conflitto fra coloro che lo incarnano: Varoufakis e il falco Schauble) probabilmente dirà quali sono le reali prospettive di cambiamento dell’Ue, e nel caso in che modalità. Di qui la forte attenzione su questo tema e l’importante «Appello a sostenere il popolo greco che resiste» che si può firmare in rete.

L’enfasi del ruolo di Merkel e della Germania come pretoriani dell’austerità non deve far dimenticare il complesso istituzionale che li affianca. Realtà meno visibile e ingombrante ma che può essere considerata uno dei veri attori del momento. La Banca Centrale Europea. Dopo le manifestazioni di Blockupy a Francoforte in occasione della inaugurazione della nuova sede della Bce, solo la solitaria prodezza di Josephine Witt è riuscita a scalfire l’ovattata ed ossequiosa deferenza della stampa mainstream per far intravedere l’opposizione ed insofferenza verso tale istituzione.

Viviamo nell’era delle banche centrali. Mai come adesso commenti, opinioni, pareri in merito si sprecano nei talk show, sui giornali sui blog su materie assai difficili come la politica monetaria. Ma non è una moda mediatica, tali istituzioni vivono veramente un protagonismo inusitato. Il bilancio delle banche centrali dal 2007 è triplicato, raggiungendo secondo fonti della Banca dei Pagamenti Internazionali (Bri), la cifra di 22 trilioni (corrispondenti a 22mila miliardi!) di dollari. Ciò riflette il loro attivismo, in quanto nel bilancio confluiscono tanto i debiti che i crediti, giganteggiano l’acquisto di titoli e le iniezioni di liquidità creando più base monetaria, cioè stampando soldi. Nella sua relazione di due anni fa la Bri ammoniva prudentemente: la festa non durerà per sempre. Ma a quanto pare ancora non è finita.

Tutto il lavoro fatto a suo tempo dai movimenti sul Fondo monetario internazionale e sulla Banca mondiale deve essere di riferimento per il futuro; tale impegno di analisi è ancora largamente da fare. Del resto basta sfogliare la Relazione Annuale della Bce, uscita a inizio anno, per farsi un’idea di cosa si ha di fronte: una istituzione tentacolare e assai pervasiva, ramificata in tutte le banche centrali dell’Ue (quelle dell’eurozona sono praticamente sue succursali, le altre le sono strettamente vincolate in un sistema istituzionale unitario, il Sebc), legatissima alla Commissione e ad altre istituzioni come i fondi salva-stati (rispetto ai quali svolge un ruolo operativo nella concessione dei finanziamenti). Mentre la Bce secondo i Trattati non può accettare né istruzioni né sollecitazioni da parte di nessun organismo comunitario né dagli Stati membri (ex art. 130 Tfue), vige tuttavia l’obbligo di consultarla per qualsiasi legge o provvedimento sulle materie di sua competenza; tanto che la Relazione elenca puntigliosamente i casi di inosservanza, in cui si è omesso di chiederne il parere o non si lo si è atteso prima di legiferare…

Divenuta da silenziosa guardiana della routine monetaria a svettante centro di potere, con strumenti di intervento incisivi e in espansione (tanto da travalicare i propri compiti statutari, irritando la Germania), attiva nel sostenere l’austerità nonché a imporla (dagli “amichevoli consigli” all’Italia all’aggiustamento strutturale greco), già impossessatasi di nuove prerogative e intenzionata ad acquisirne altre, la Bce si presenta davvero come uno dei poteri forti del blocco egemonico, ed uno degli avversari più formidabili. Le forze antisistema e Tsipras hanno molto da fare.