Quarto album per la formazione lombarda, che scrive il lavoro più complesso e meglio riuscito della sua decennale carriera. Complice un allargamento della band a cinque elementi, si ravvisa una maggiore solidità rispetto al passato, ma non solo. Si avverte giovamento anche nella accresciuta ricchezza comunicativa: il mondo sonoro di partenza e arrivo dei TWBB è quello dell’Hill Country Blues elettrico, ma da questo riescono a cogliere al meglio la potenziale libertà espressiva. Nelle undici incisioni presenti sembra quasi di riascoltare l’approccio creativo della Portland di inizio millennio, quello per intenderci di mostri sacri come i Menomena. A metà tra Jelly Roll Kings e il funk settanta batte intenso il ritmo di Back From The Dirt, Cockadoodledoo è una stilettata indie rock della West Coast, Snake è una melanconica ballata acustica rintracciabile nella migliore Seattle underground mentre Fiere è uno stoner blues degno di un party delle Desert Sessions. L’equilibrio narrativo è probabilmente il punto di forza dei cinque, che riescono a modellare a proprio piacimento le esigenze creative. Come dimostrano i due brani migliori: Flee Georgia e Catrina.