La legge di stabilità è entrata nel vivo – ieri il passaggio degli emendamenti alla Commissione Bilancio della Camera – ma emerge sempre più chiaro il rischio dei tagli. Soprattutto agli enti locali (e quindi ai nostri servizi, con un possibile aggravio delle tasse): in serata il governo ha incontrato l’Anci, perché i Comuni sono molto allarmati dal peso della manovra che ricade sulle loro spalle. E intanto la Cgil si prepara allo sciopero generale: il Direttivo di oggi dovrà solo stabilire la data, che si situerà tra il 5 e il 12 dicembre.
Ma sulla manovra ieri ha espresso il suo parere anche la Commissione Ue, nei documenti sugli squilibri macroeconomici. Innanzitutto secondo Bruxelles il piano di spending review è circondato da una «incertezza significativa» e rischia di essere troppo ambizioso. Ci sono «ritardi nelle privatizzazioni» e «progressi irregolari nelle riforme», minacciate da «colli di bottiglia istituzionali e barriere». Il Jobs Act, però, viene promosso, seppure resti il dubbio su quanto «comporterà uno spazio ridotto per il reinserimento dei licenziati giudicati ingiusti».

I sindaci, dal canto loro, sono preoccupatissimi. Guido Castelli, presidente dell’Ifel Fondazione Anci (Istituto per la finanza e l’economia locale), e sindaco di Ascoli, ha disegnato un quadro fosco, prevedendo addirittura il dissesto finanziario per 1500 comuni: «Non ci saranno – ha avvertito il sindaco – fondi necessari per la sanità, gli asili nido, le mense scolastiche e per i trasporti pubblici. Le decisioni del governo non lasciano respiro nemmeno ai comuni danneggiati dalle inondazioni di questi giorni, impossibilitati a utilizzare le risorse che hanno in cassa per mettere in atto le opere necessarie per un riassetto idrogeologico. Se non ci sarà una correzione della manovra nel 2015, più di 1.500 Comuni italiani rischiano il dissesto finanziario per mancanza di fondi».

A questo allarme se ne è aggiunto un altro, proveniente dalla Cgil, che ha segnalato i pericoli insiti nella riforma delle province: «Siamo molto preoccupati – ha detto Susanna Camusso – Con le norme inserite nella legge di stabilità che incidono sull’attuazione della riforma Delrio, c’è il concreto pericolo che nelle neonate province e nelle città metropolitane si abbiano decine di migliaia di posti di lavoro a rischio e che non siano rinnovati i contratti degli oltre 2 mila precari attualmente occupati, bloccando, così, uffici e funzioni che il governo ritiene fondamentali».

«Gli ennesimi tagli lineari al sistema delle regioni e delle autonomie locali – ha ripreso Camusso – i ritardi nel riordino delle funzioni oggi affidate alle province, l’immotivata riduzione della presenza dello Stato sul territorio, rischiano di creare un numero abnorme di esuberi che colpirà il settore pubblico».

Settore pubblico che ha animato una protesta sabato scorso, e che è una delle principali micce al detonatore dello sciopero generale che verrà acceso oggi. Il Direttivo deciderà la data, e la Cgil andra da sola: la Cisl non ha voluto per il momento partecipare, mentre la Uil ha ribadito ieri l’invito a Camusso di asspettare, per poterlo fare insieme, e allo stesso tempo ha invitato il governo a lanciare «un segnale di voler riprendere il confronto».

Camusso ha fatto capire che la Cgil andrà avanti, perché sostanzialmente le altre confederazioni non si decidono e non è possibile aspettare oltre: «Siamo sempre pronti a discutere con le altre organizzazioni, la cosa che non è chiara, però, è se Barbagallo è disponibile anche a una mobilitazione Cgil e Uil – ha replicato la segretaria – Allora capisco la richiesta di non definire la data, sennò è davvero strana». Ma la Uil, come aveva già detto qualche settimana fa, crede più che altro in uno sciopero a tre, anche con la Cisl: «Chiediamo alla Cgil di aspettare per concordare, insieme a noi e alla Cisl , le azioni di lotta unitarie necessarie a far cambiare verso al governo», ha controreplicato Barbagallo, facendo così capire che uno sciopero solo con la Cgil non lo farebbe.

Insomma, il tempo ormai corre e se si vuole agire prima delle vacanze natalizie (e soprattutto in concomitanza con il voto su Jobs Act e legge di stabilità), le mobilitazioni si devono mettere in campo adesso. E altri due provvedimenti ieri hanno acceso il sindacato: il primo, l’eliminazione del tetto alle pensioni d’oro, deciso con un vero colpo di mano cambiando quattro righe della riforma Fornero; il secondo, lo stralcio dell’emendamento che lasciava una tassazione di favore al tfr in busta paga (in tutto la Commissione Bilancio ha cassato 1600 dei 3700 emendamenti presentati). Mancavano le coperture, tanto per cambiare.