Sigillare una frontiera liquida non è semplice come alzare un muro, di mattoni o di filo spinato, ma per padre Mosé Zerai cercare di farlo attraverso accordi bilaterali con la Libia e con il Sudan è addirittura «una illusione inutile» finché il circuito dei trafficanti di vite umane, dal deserto fino agli imbarchi sulle coste libiche, muove tre miliardi di dollari all’anno, «perchè i trafficanti potranno facilmente corrompere i poliziotti di uno stato fallito come la Libia che guadagnano appena 50 dollari al mese». «L’Europa sta solo creando ostacoli temporanei e in questo modo fa solo fiorire il traffico di esseri umani, provocando ancora più sofferenze e morti», è l’atto d’accusa che don Zerai lancia dal festival Sabir organizzato a Siracusa da Arci in collaborazione con Acli e Caritas.
La tre giorni di Sabir – oltre 1.500 partecipanti, di cui 800 iscritti ai workshop e rappresentanti di 80 organizzazioni di 30 paesi – si è chiusa ieri sera con una lunga e partecipata assemblea delle realtà associative internazionali della rete Alternative migranti e con un appello finale di denuncia della campagna diffamatoria che ha colpito da un mese a questa parte le ong che compiono salvataggi di migranti nel mar Mediterraneo, firmato congiuntamente da Arci, Acli, Caritas italiana, Asgi e Amnesty international Italia. «In Italia – scrivono le cinque associazioni promotrici – la campagna di diffamazione contro le Ong che stanno svolgendo, dopo la chiusura del programma Mare Nostrum, attività di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo centrale, ha travolto tutte le organizzazioni che svolgono iniziative di solidarietà e tutela dei diritti umani» .

Un danno che fa da zavorra ulteriore a politiche che vanno in direzione di muri e trattenimenti. «Invece di creare un sistema ordinato che mettesse a disposizione percorsi sicuri – e di promuovere il rispetto e la protezione dei diritti umani nei paesi in cui dominano conflitti, persecuzioni e povertà, i leader europei si sono sempre più concentrati sul blocco delle frontiere e sui negoziati con governi che violano i diritti umani, allo scopo di impedire le partenze e lasciando ricadere l’onere improrogabile di salvare vite umane sempre più sulle associazioni umanitarie».

Nel rapporto presentato dalla rete europea di associazioni Migreurop si evidenzia come soltanto nel 2015 per impedire ai migranti di entrare nel territorio Ue e sorvegliare le frontiere sono stati spesi almeno 15 miliardi e nel 2022 la cifra potrebbe arrivare a 29 miliardi di euro l’anno. Queste somme, testimonia il rapporto, vanno a finire Nell’industria della difesa e anche di multinazionali della sicurezza, come la statunitense Geo group o altre compagnie private come G4S, Tascor, la francese Gdf Suez che ottengono appalti dagli Stati per gestire servizi all’interno dei centri di identificazione amministrativa dei migranti. Anche in Italia si sta radicando la presenza della multinazionale Gepsa, dice Migreurop, aziende con fini di lucro, al contrario delle ong che salvano i migranti in acqua e che ora sono, sole, sotto attacco di politici spregiudicati e illazioni pseudo giudiziarie.