Il tam tam dei tamburi africani si ripropone ogni giorno su un campo di basket di Castel Volturno. A sostituire il ritmo dei tamburi sono i palloni di pallacanestro. Le mani che imprimono con forza il ritmo alla palla hanno lo stesso colore nero degli avi. Sono le mani di ragazzi africani, tutti figli di immigrati, che ogni giorno si ritrovano al campetto all’aperto per giocare a basket. Sono tutti ragazzi di Castel Volturno, comune con una altissima percentuale di immigrati che sorge lungo la litoranea domiziana in Campania. I loro genitori si svegliano prima dell’alba e di buon’ora in questo periodo sono già nei campi con la schiena piegata, dediti alla raccolta dei pomodori. Sono impegnati fino a dieci e più ore di lavoro al giorno con paghe da fame, una condizione diffusa che spesso li riduce alla schiavitù.

Quei ragazzi, da soli per buona parte della giornata, spesso sono vittime dell’abbandono scolastico e di reclutamento della malavita organizzata, che fa intravedere loro una condizione di lavoro diversa da quella dei campi, prospettando facili guadagni attraverso la manovalanza dello spaccio di droga. Su un campo di pallacanestro all’aperto, ogni giorno si riuniscono decine di ragazzi africani che cercano di centrare il canestro. A dirigerli è Massimo Antonelli, ex cestista di serie A nelle filedella Virtus Bologna, che a quei ragazzi oltre a dare un’opportunità di aggregazione e socializzazione, dà suggerimenti tecnici e tattici per migliorare il livello di gioco. Sua è stata l’idea di fondare una polisportiva per dare organizzazione e struttura a quei ragazzi africani e il nome dato all’associazione non poteva che essere un chiaro riferimento alla terra di origine del continente nero: Tam Tam.

Si allenano su un campo di basket all’aperto asfaltato; ogni qualvolta uno di loro cade e si sbuccia le ginocchia, il primo soccorso per disinfettare le ferite è l’acqua salata del mare a poche centinaia di metri. A volte ai cestisti africani mancano le scarpe da ginnastica e anche i soldi per poter pagare l’iscrizione al campionato. Coach Antonelli è uno testardo: non solo costituisce un valido punto di aggregazione per i figli degli immigrati, ma ha deciso anche di iscrivere la squadra ai campionati di basket promossi dalla Federazione italiana pallacanestro (Fip), raccogliendo fondi e contributi volontari. Attraverso gli allenamenti, l’impegno per migliorare i risultati agonistici e la disciplina, intesa come rispetto delle regole, il fair play, a giugno la squadra di basket Tam Tam ha vinto il campionato riservato ai ragazzi di 15 anni. Il risultato strepitoso ha richiamato l’attenzione della Fiba, la Federazione internazionale di basket, che ha invitato a proprie spese Antonelli e i ragazzi a Zurigo, sede della Fiba e del Cio, il comitato internazionale olimpico.

I figli degli immigrati africani di Castel Volturno, per la prima volta in vita loro sono saliti su un aereo, non hanno mai mangiato in un ristorante e mai dormito in un albergo, come racconta il coach. La preparazione atletica, gli schemi tattici e gli allenamenti sono proseguiti durante tutta l’estate, l’iscrizione al campionato della categoria superiore, l’under 16 Eccellenza, è stata risolta grazie a un crowdfunding, anche per pagare le spese per le trasferte, che con la categoria superiore si fanno più estese in termini di chilometraggio e tempi di spostamenti.

La doccia fredda è arrivata qualche settimana fa: la Fip ha respinto l’iscrizione al campionato della Tam Tam basket Una norma emanata dagli organismi federali impedisce che in ogni squadra di basket da questa categoria in su, possa schierare in campo più di due stranieri. Una norma che vorrebbe prevenire la possibilità da parte di grandi squadre di schierare numerosi talenti in squadre minori, dopo aver fatto man bassa in giro per il mondo. Una norma in linea di principio giusta, ma che di fatto esclude la Tam Tam dalla possibilità di partecipare al campionato Eccellenza under 16, perché nella squadra allenata da Antonelli tutti i giocatori, essendo figli di immigrati africani, sono considerati stranieri, pur essendo nati tutti in Italia e frequentando la scuola italiana: non hanno compiuto i 18 anni, perciò non hanno diritto alla cittadinanza italiana. Una contraddizione, in questo caso figlia dell’ottusità burocratica, che spinge la Fip diretta da Gianni Petrucci, ex presidente del Coni, a chiudere la porta in faccia agli ultimi, proprio quelli che hanno bisogno di integrazione, proprio in un campo, come lo sport, che è da sempre un veicolo privilegiato per abbattere barriere e pregiudizi.

Due anni fa il ministro per lo Sport Luca Lotti, poco prima di Natale 2017, annunciò che nella Legge di Bilancio il governo avrebbe inserito un emendamento ribattezzato “Tam Tam”. Grazie a quella legge, tutti i figli di stranieri, capaci di dimostrare la frequenza scolastica nella scuola italiana, possono praticare in Italia qualsiasi tipo di sport senza alcuna limitazione. Una norma che riguarda ben 500mila ragazzi in tutto il Paese, a seguito delle forti pressioni delle associazioni antirazziste e dell’opinione pubblica. Per uno strano scherzo della burocrazia, però, quella stessa norma non si può applicare, al nuovo campionato nazionale d’Eccellenza. Intanto che qualcuno si decida a risolvere questa follia, il campionato è alle porte e i ragazzi di Castel Volturno non possono fare canestro.