“Non dovresti giocare così tanto quest’anno Gottfried. Hai bisogno di riposo, prenditi sei mesi di pausa dopo la Coppa Davis” dice l’allenatore a von Cramm, quando che quest’ultimo gli aveva annunciato che dopo il Roland Garros e la finale di Coppa Davis di Wimblendon, avrebbe intrapreso un lungo tour per partecipare ai campionati di tennis amercani e a quelli australiani. La risposta di Gottfried a quell’invito non si fa attendere” Tu non capisci, Bill io gioco per la mia vita. I nazisti sanno cosa penso di loro. E sanno di me. Finché resto il numero uno della Germania e continuo a vincere non mi toccheranno. Ma devo continuare a vincere. Non posso perdere, e non posso smettere di giocare”.

Una partita per la vita giocata sul campo di Wimblendon con l’obbligo di vincerla, non perchè in palio ci fosse la Coppa Davis, ma per salvare la pelle. Vincere in nome della Germania nazista perché la Gestapo chiudesse un occhio sull’omosessualità del giovane Gottfried von Cramm, rampollo di una famiglia aristocratica tedesca, che lasciati gli studi di giurisprudenza assurge a campione mondiale di tennis. La prestanza fisica di von Cramm e i modi raffinati ben si conciliavano con il bel gioco espresso nei tornei internazionali da Parigi a New York e con l’ideale della razza ariana, se non fosse che Gottfried si rifiutò di fare da megafono all’ideologia nazista. Doveva vincere, dunque, perché i nazisti lo lasciassero in pace. Sapevano, Himmler e compagni, che se avesse vinto, ovunque avrebbero associato quel giovane alla Germania nazista.

Quel 20 luglio del 1937, pochi minuti prima che Gottfried von Cramm facesse ingresso sul campo di Wimblendon, insieme all’ avversario americano Donald Budge, sembra che il tennista tedesco avesse ricevuto la telefonata di Hitler, che gli augurava buona fortuna. Una telefonata che scosse von Cramm, il quale entrò in campo con il volto teso, in gioco insieme alla Coppa Davis c’era la sua vita.

Marshall Jon Fisher, tennista professionista e giornalista sportivo, ha ricostruito quell’incontro di tennis e quanto caratterizzò la vita di von Cramm, prima e dopo il match della vita, nel libro Terribile splendore. La più bella partita di tutti   i tempi ( 66thand2nd, euro 18). Gottfried von Cramm allevato alle buone maniere dell’aristocrazia tedesca, fin da ragazzo prende lezioni private di tennis nella tenuta estiva di famiglia, impartite dai migliori tennisti tedeschi dell’epoca e, successivamente, da Bill Tilden, l’americano amico di artisti e intellettuali, amante della vita spendacciona, campione mondiale di tennis tra gli anni Venti e primi dei Trenta, che, anch’egli omosessuale, mette gli occhi sul quel ragazzo tedesco e finisce per diventare più o meno segretamente il suo allenatore e indirettamente quello della Germania hitleriana.

Gottfried von Cramm si trasferisce a Berlino per intraprendere gli studi di giurisprudenza, ma le aule universitarie diventano per lui un peso e d’accordo con il padre si dedica a tempo pieno al tennis, frequentando l’esclusivo circolo berlinese di tennis Rot-Weiss. Agli allenamenti duri il barone von Cramm fa seguire una vita libertina nei locali notturni di Berlino frequentati dagli omosessuali, ma con l’ascesa al potere di Hitler i ritrovi per gay e lesbiche si riducono sempre più, e nel 1936 restano aperti due locali, il Resi e lo Haus Vaterland. Già nel 1934 la Gestapo invitò tutti i dipartimenti di polizia a preparare liste di omosessuali per ripulire il Terzo Reich da quello che gli uomini di Hitler definivano “bolscevismo sessuale”. L’obiettivo era di procedere senza troppi intoppi all’incriminazione, alla tortura e all’eliminazione di tutti coloro che risultavano sospetti politicamente e non allineati al regime hitleriano. Nel 1934 finirono nelle prigioni tedesche e nei campi di concetramento 900 gay, nel 1935 furono oltre 2000, e nel 1936, l’anno in cui la Gestapo istituì il “Dipartimento per la sicurezza per combattere l’aborto e l’omosessualità”,  circa 9000.

Alla fine del primo anno di studi nella capitale tedesca il giovane tennista sposa la sua compagna d’infanzia, la bella Lisa von Dobeneck. La casa di von Cramm a Berlino diventa un via vai di gente, luogo di feste tra aristocratici, ma dopo i primi tempi il barone è preso dagli incontri internazionali di tennis, e quando è a Berlino diventa un assiduo frequentatore dei locali omosessuali, trascurando Lisa, che si innamora di un giocatore professionista di hockey. Sono gli ultimi squarci della repubblica di Weimar, prima dell’ascesa al potere di Hitler, guardato con occhio benevolo e a tratti ammirevoli dagli aristocratici inglesi per aver messo ordine al baillame di Weimar, ma intanto il Furher riempiva gli arsenali e si preparava alla guerra.

Gli inglesi finsero di non capire quello che i nazisti stavano facendo agli ebrei, ciò che Hithler aveva fatto al campione di tennis Daniel Prenn, che giocava nel doppio con von Cramm nella squadra tedesca di Coppa Davis, fino a qualche anno prima di quella finale, che stava per disputarsi a Wimblendon. Daniel Prenn nel 1933 non fu più convocato e fu costretto a fuggire a Londra perché ebreo.

La finale di Coppa Davis, il 28enne von Cramm la disputò contro l’americano Donald Budge, che contrariamente al barone, era di origini proletarie. Figlio di un fattorino, Donald Budge aveva imparato a giocare a tennis sui campi pubblici in terra battuta di Oakland, e aveva avuto come primo maestro suo fratello maggiore. I modi  di quel ragazzo con i capelli rossi e le lentiggini erano rozzi, quel pomeriggio del 20 luglio 1937 osò salutare la regina, che prendeva posto sul palco reale, nientemeno che con un’alzata di mano, contrariamente al barone Gottfried von Cramm, che appena vide la regina fare ingresso lasciò cadere la racchetta e le riservò un inchino.

Alla finale di Wimblendon assistettero anche i più stretti collaboratori di Hitler, a Londra per tranquillizzare l’aristocrazia inglese sul pacifismo del Fuhrer, e per ricordare a von Cramm che doveva vincere in nome della Germania nazista, come il pugile  Max Schmelling, che aveva sconfitto contro ogni pronostico il suo avversario nero a New York, dimostrando la superiorità della razza ariana, altrimenti il giovane Gottfried, che tra i tanti aveva un compagno di colore anche all’estero, sarebbe finito nel campo di concentramento di Sachsehausen destinato agli omosessuali, che sulla divisa a strisce portavano il triangolo rosa.

Quel pomeriggio del 20 luglio del 1937 dopo i primi due set disputati ad alto livello e senza esclusione di colpi, vinti da Gottfried von Cramm,  giovane tennista tedesco si mostra stanco, accenna a movimenti che non esegue con la consueta prontezza, e l’avversario americano Donald Budge, incredibilmente sotto di due set, sfodera il meglio del suo repertorio recuperando in fretta lo svantaggio, fino a portarsi anche con certa facilità sul 2 a 2. Von Cramm è tiratissimo in volto, ogni errore può costargli caro. Per il pubblico che segue la finale di Wimblendon si tratta di una partita tra i due migliori tennisti del mondo, per Gottfried von Cramm, quella partita ha un altro significato. Il quinto set, decisivo, è a favore di Budge.

Dopo quella sconfitta von Cramm parte per un lungo tour, che lo vede impegnato agli internazionali degli Stati Uniti, dove sconfigge Budge, e poi in Australia.  Lontano dalla morsa hitleriana, si lascia andare a qualche considerazione pubblica di troppo, definisce Hitler un imbianchino e dichiara pubblicamente di essere dispiaciuto per il suo compagno di doppio  Prenn, vittima delle persecuzioni razziali. Le orecchie della Gestapo arrivano oltreoceano, perciò quando a marzo del ’38 Gottfried ritorna a Monaco e poi nella tenuta di famiglia, dove per l’occasione dà una grande festa, la Gestapo lo preleva e lo mette in prigione, dove passerà solo un anno, grazie alle buone conoscenze della madre. Von Cramm sopravviverà al bombardamento di Berlino, avvierà un’attività di import di cotone dall’Egitto dove si reca spesso per affari e per giocare a tennis.Muore  in un incidente d’auto a  30 km da Il Cairo il 9 novembre del 1976.