«Mi candido per dare voce a tutte le donne invisibili», afferma Ligia Tomescu rompendo l’emozione provocata dal registratore. Insieme a suo marito Daniel, Ligia si presenta nella lista «Bari Bene Comune» che raccoglie le forze politiche della sinistra e le esperienze di cittadinanza attiva del capoluogo pugliese alle elezioni amministrative del 26 maggio. «Bbc» presenta 36 candidati ed è tra le undici liste a sostegno del sindaco uscente Antonio De Caro. «Quella più a sinistra», dice qualcuno all’ingresso della presentazione che si è svolta venerdì scorso al Multicinema Galleria, a pochi passi dalla stazione centrale. Perché votarvi? chiediamo a Ligia e Daniel. «Non vogliamo rappresentare solo i rom, né usurpare la rappresentanza ai baresi – risponde Daniel – Crediamo che sia possibile rappresentare insieme questa città e che qualsiasi persona che nasce è umana. Non si deve discriminare tra africani, rom, albanesi. Dobbiamo affermare il diritto di ogni cittadino che si trova in Italia ad avere alloggio, lavoro e possibilità di mandare i figli a scuola. Sono tre cose che sogno per me e per gli altri».

Al centro di questo percorso politico c’è un secco «No» agli sgomberi senza soluzioni alternative e il superamento del «campo» con la proposta del modello «housing first», cioè «prima di tutto la casa» spiega Matteo Magnisi educatore e attivista sociale, ambientale e dei diritti umani. Magnisi era consigliere comunale ai tempi della creazione del campo rom autorizzato a Bari, poco oltre il quartiere Japigia, tra la tangenziale e un grande depuratore. Da queste parti è di famiglia. «Intorno alla loro candidatura c’è una sorta di mutismo che non riusciamo a decifrare – afferma – In ogni caso è un passo importante nella parabola di vita di questa comunità, nel suo processo di autodeterminazione».

Una delle roulotte ospita uno sportello pedagogico clinico e di mediazione familiare. Lo ha aperto Corsina Depalo, insegnante, pedagogista e psicomotricista. Una donna vulcanica e appassionata nel suo impegno politico e sociale. «Chissà perché si pensa che gli altri possano avere bisogno dello psicologo e i rom no. Non sono esseri umani con delle fragilità?» domanda. Tra le numerose attività che Corsina e Ligia organizzano dentro e fuori il campo, ci sono anche le giornate contro la violenza sulle donne che, come in tutto il mondo, si svolgono il 25 novembre.

Il fazzoletto di terra che ospita il campo è segnato dai tratti tipici della campagna pugliese: ulivi, alberi di fichi, pale di fichi d’india, un rudere in pietra leccese. Le stradine sono di brecciolina bianca e riflettono il sole. Pezzi di prato sintetico danno l’idea di un giardino. Un gallo insegue una gallina, un cane gioca con un gatto. L’area, tranquilla e pulita, ospita tra 100 e 150 persone. Vivono in roulotte o baracche auto-costruite con teli di plastica e porte di legno. Fanno pensare a un incrocio tra la fantasia di Gaudì e i racconti visuali di Kusturica. Oltre a rispondere al bisogno dell’abitare, in quelle case di fortuna si nota la ricerca di bellezza.

«Va meglio, adesso abbiamo tanti amici – racconta Ligia – Ma c’è una cosa che non mi piace: vivere in una baracca, dopo venti anni che siamo qui. La baracca non mi piace. Alla nostra famiglia è stata offerta una casa, ma solo a noi. Così abbiamo rifiutato: o è garantita a tutta la comunità o anche noi rimaniamo nel campo». «Tutti dovrebbero avere diritto a un alloggio – aggiunge Daniel – Ne vorremmo uno per uscire da qui, senza togliere lo stesso diritto a un’altra persona, italiana o straniera».

Ligia e Daniel hanno dovuto lasciare la Romania alla fine degli anni ’90, a causa dell’intensificarsi del razzismo contro i rom e dello stato di povertà in cui versavano. Daniel, che collaborava con giornali e teatri, aveva anche ricevuto minacce perché faceva satira politica. Così, nel 1999 sono arrivati nella città di San Nicola, il santo nero. «Qui abbiamo sempre vissuto tranquillamente – racconta Daniel – senza paura che ci potesse accadere qualcosa».

La famiglia Tomescu, insieme alle altre, si stabilisce nel quartiere Japigia nel 2005, quando l’amministrazione comunale «attrezza» quest’area montando bagni, pali della luce e colonnine per l’elettricità. Si presenta così la possibilità di interrompere il nomadismo da un’area all’altra, sgombero dopo sgombero. Nonostante le difficoltà, dentro il campo nascono dei progetti. La cooperativa Artezian si occupa di facchinaggio, riciclaggio, pulizia e pitturazione. «Va male, ma non fa niente – sostiene Daniel – Al telefono dicono “sì”. Poi quando mi vedono dal vivo chiedono: «E tu ci si?». Rispondo che sono il presidente. “E da dove vieni?”. Dalla Romania. “Ci sentiamo domani”. E così perdiamo la maggior parte dei lavori».

Ligia invece, dopo aver preso la licenza media a 50 anni e aver dato lezioni di cucito nella scuola dove studiava, segue una sartoria. Ci sono i progetti per i bambini, per toglierli dalle strade e dall’accattonaggio favorendo l’inserimento scolastico. Dal campo passa un bus che li porta negli istituti della città. Alcuni frequentano il tempo pieno, altri no.