«Maria Elena Boschi non partecipi al consiglio dei ministri che dovrà proporre il nome del governatore di Bankitalia». La richiesta è stata tramutata in interrogazione parlamentare da Arturo Scotto di Mdp perché sull’attuale sottosegretaria alla presidenza del consiglio «grava un pesante conflitto di interessi che non può essere più ignorato».
Un conflitto di interesse reso palese dalle stesse norme di Banca d’Italia. «Il padre dell’onorevole Boschi, Pier Luigi, le cui attività in qualità di ex vicepresidente di Banca Etruria sono state a lungo oggetto della vigilanza di Palazzo Koch – ricorda Scotto – rientra nella fattispecie giuridica «stretti familiari» citato nella circolare 263 del 27 dicembre 2006 della Banca d’Italia, che stabilisce precise disposizioni nei confronti di soggetti collegati».
L’interrogazione ha per destinatari sia Gentiloni che Padoan. Assai difficile, ma non impossibile che il governo risponda nel Question time della Camera previsto per domani. Più probabile invece che nel frattempo la stessa Boschi annunci che non parteciperà al consiglio dei ministri. La mossa servirebbe anche per rivendicare l’assenza nel consiglio dei ministri dell’11 novembre 2015, quello del decreto salva-banche che mise in liquidazione Banca Etruria e gli altri tre istituti.
Ma la Boschi era invece presente il 10 settembre del 2015 quando fu approvata la norma che impatta più direttamente su suo padre. Quel giorno il governo Renzi recepì la direttiva sul cosiddetto «bail in», ma con una piccola modifica. Lì, a differenza della normativa europea, l’azione di responsabilità e di rivalsa verso i dirigenti della banca è diventata prerogativa dei commissari, salvando di fatto papà Boschi dalle azioni giuridiche dei risparmiatori che hanno perso tutto per il crack di Banca Etruria.
Ieri intanto continuavano insistenti le voci su un possibile anticipo del consiglio dei ministri su Bankitalia, previsto per venerdì. Dopo la mozione Pd di una settimana fa, le pressioni del Quirinale per chiudere la partita nel minor tempo possibile evitando polemiche e delegittimazione di un’istituzione fondamentale sono sempre più forti. Mattarella, a cui spetterà comunque la parola finale e determinante per la nomina del governatore per quanto previsto dalla legge Siniscalco del 2005 – in pieno scandalo che portò alle dimissioni di Antonio Fazio per la Popolare di Lodi – continua a ritenere inevitabile la conferma di Ignazio Visco. Mentre le subordinate – la promozione del direttore generale Salvatore Rossi o del vicedirettore Fabio Panetta – sarebbero una vittoria di Pirro per Renzi e renziani: entrambi hanno votato e avallato tutte le decisioni della Vigilanza bancaria in questi anni assieme a Visco.