Dietro Lazarus, il musical, c’è una storia che racconta anche molto del modo di percepire la vita del duca bianco. Nel 2015 scopre di avere un tumore al fegato, una diagnosi impietosa perché la malattia è in stato avanzato. Da questo momento Bowie si dedicherà anima e corpo a due progetti: un album Blackstar e appunto lo spettacolo – Lazarus – che debutta a Broadway proprio un mese prima della sua morte: il 7 dicembre 2015 e dove il Duca Bianco farà anche la sua ultima apparizione pubblica. Il disco è fra le sue opere migliori in assoluto – la fine imminente spinge l’autore su alte vette d’ispirazione. Bowie non rivela il suo stato di salute, ma dissemina di indizi che saranno chiari solo il giorno della sua morte.

AFFIANCATO da Tony Visconti – che ha prodotto buona parte dei suoi album fondamentali dei settanta – ha bene in mente che le nuove canzoni, così profonde, urgenti e al contempo sofisticate, hanno bisogno di un gruppo jazz di supporto. Così si mette alla ricerca di musicisti e li trova in un club di Manhattan, dove scova un ensemble guidato dal sassofonista Donny McCaslin, e ne resta colpito. Saranno loro a suonare nel disco e rendere palpitanti i pezzi di Blackstar, in particolare proprio di Lazarus. Nella canzone Bowie mette in scena la sua stessa morte e le liriche mettono subito tutto in chiaro: «Guarda quassù, sono in paradiso. Ho cicatrici che non si possono vedere». Il video, diretto da John Renck, ci presenta nuovamente Button Eye (chiamato anche Il Profeta Cieco), l’ultimo dei grandi personaggi di David Bowie Indossa una benda con dei bottoni al posto degli occhi, simbolo di paura e di oscurità. Il video di Lazarus esce il 7 gennaio 2016, il giorno prima dell’uscita di Blackstar e tre giorni prima della morte di David Bowie.