Non solo Ucraina. Unione bancaria e mutualizzazione dei rischi, segreto bancario, lotta al riscaldamento climatico e Europa dell’energia sono nell’agenda del Consiglio europeo, che si conclude oggi a Bruxelles. Ma la crisi dell’Ucraina influenza la questione della lotta all’emissione di gas effetto serra: la Polonia, sostenuta dai paesi dell’est, ne trae argomento a favore della difesa delle sue centrali a carbone, vista la minaccia di ritorsioni sull’arrivo di gas russo. La Commissione ha proposto di dare degli obiettivi in cifre: riduzione del 40% dei gas a effetto serra nell’Unione europea entro il 2030, rispetto alla situazione del 1990, per contribuire al contenimento del riscaldamento climatico della terra sotto i 2 gradi. Ma nelle conclusioni del vertice, che saranno rese note oggi, molto probabilmente salteranno gli obiettivi cifrati, a favore di un impegno molto più vago, anche perché non c’è accordo sulla distribuzione del “fardello” dei costi della riconversione energetica tra gli stati membri. Anche l’obiettivo di arrivare a un 27% di energia prodotta da fonti rinnovabili sarà annacquato, anche per il blocco dei paesi nucleari – Francia e Gran Bretagna – che si presentano come difensori della lotta al riscaldamento climatico (ma attraverso l’energia nucleare), mentre frenano quando si tratta di fare decisivi passi avanti sulla strada della transizione energetica. L’”Airbus dell’energia” è in sostanza ancora lontano.

Due accordi sulle banche. Un’intesa tra Consiglio e Europarlamento ha permesso la conclusione del “meccanismo di risoluzione” delle crisi bancarie, secondo pilastro dell’Unione bancaria, per evitare che si ripeta il terremoto del 2008 e per bloccare il “contagio” in caso di crisi di un istituto bancario sistemico. Il compromesso riguarda la mutualizzazione dei rischi, con un fondo di risoluzione di 55 miliardi, che sarà in piena attività tra 8 anni. In caso di crisi di un istituto bancario, i costi verranno condivisi e, se ci sarà bisogno di più soldi, il Fondo potrà ricorrere ai mercati per finanziarsi, anche se la Germania ha impedito che ci sia una garanzia da parte degli stati o un sostegno da parte del Mes, il meccanismo di salvataggio della zona euro.

Intesa di principio anche sulla futura abolizione del segreto bancario nella Ue. Lussemburgo e Austria, che finora avevano rifiutato di approvare il dispositivo, accettano ormai il principio, a partire dal 2015, dello scambio automatico delle informazioni bancarie tra paesi membri. Lo scopo è lottare contro la frode e l’evasione fiscale. Non solo dei singoli, ma anche dei fondi di investimento e delle fondazioni. L’accordo entrerà in vigore solo se ci saranno ulteriori garanzie da parte del “club dei cinque” – Svizzera, Liechtenstein, Montecarlo, Andorra, San Marino – considerati dei paradisi fiscali. Dovranno adottare norme comuni, per evitare che i soldi del turismo fiscale escano dai paradisi Ue (a cominciare dal Lussemburgo) per trovare rifugio nei paesi o micro-entità vicine che non fanno parte della Ue.