Anche se ormai sono passati quasi dieci anni, la condanna per bancarotta fraudolenta e truffa degli ex vertici di Italia solare industrie (Isi) torna a gettare una luce su una delle vicende più scandalose nel quadro delle tentate riconversioni industriali italiane. Con gravi responsabilità penali ma anche con grandi responsabilità politiche, visto l’assenso dato all’epoca dall’egemone Pd fiorentino e toscano alla compravendita della fabbrica ex Electrolux di Scandicci, con l’obiettivo di passare dalla produzione di frigoriferi a quella di pannelli solari.
In realtà nello stabilimento di oltre 30mila metri quadrati alle porte di Firenze non è stato realizzato un solo pannello. Mentre le indagini della magistratura, avviate solo dopo una segnalazione del curatore fallimentare Vincenzo Pilla, hanno rivelato che i manager Isi, che solo da Electrolux avevano ricevuto 22,7 milioni di euro per la riassunzione del personale, e con una valutazione di favore (12 milioni) per la fabbrica e i terreni circostanti, hanno sperperato (nella migliore delle ipotesi) oppure occultato i finanziamenti ricevuti. Compresi quelli pubblici, erogati dalla Regione Toscana per i corsi di formazione dei 370 operai che erano in forza alla multinazionale Electrolux.
Questi ultimi, va da sé, sono progressivamente finiti in una sorta di girone infernale dantesco, fatto di casse integrazione, mobilità e infine vera e propria disoccupazione. Alcune decine di loro erano presenti alla lettura della sentenza di primo grado del Tribunale di Firenze: “Fin dall’inizio – hanno raccontato – noi eravamo dubbiosi sulla cessione dello stabilimento dalla Electrolux alla Isi”. Ma i dubbi li avevano solo gli operai e il piccolo gruppo extraconsiliare “Sinistra Scandicci”. Non gli altri, compreso il ministero alla attività produttive.
L’inchiesta della magistratura, che avrebbe portato all’arresto dell’amministratore Massimo Fojanesi (condannato in abbreviato a 3 anni e 2 mesi) e dei suoi manager, ha rivelato che, per accreditarsi, i vertici dell’Isi simularono – con ben venti società create ad hoc – l’esistenza di falsi ordini in portafoglio per 570 milioni di euro, di cui non sono stati trovati né contratti, né atti, né traccia nei bilanci. Di più: sia Fojanesi che il suo manager Stefano Cevolo erano indagati in quel 2008 a Roma per peculato e abuso d’ufficio. E nel 2009 per appropriazione indebita e associazione a delinquere “finalizzata alla truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche”. Insomma i vertici Isi erano già più che chiacchierati. Eppure fu affidato loro, anche dalla stessa Electrolux, il destino lavorativo di centinaia e centinaia di operai.
Ora la sentenza, in linea con le richieste del pm Massimo Bonfiglio, ha condannato i manager Stefano Cevolo a 8 anni, Paolo Corapi a 4 anni e 6 mesi, Cary Masi a 4 anni e il consulente Raffaele Piacente a 5 anni e 8 mesi. Ci saranno poi, grazie ad alcuni sequestri preventivi, risarcimenti alle parti civili (Regione Toscana e Fiom Cgil), alla stessa Electrolux, e anche a circa 200 ex operai. Ma, come quasi sempre accade in casi del genere, sarà molto difficile recuperare tutti i milioni, anche pubblici, che furono erogati con estrema faciloneria ai vertici Isi.