L’economia palestinese potrebbe crescere in modo vertiginoso, anche di un terzo in breve tempo, se non ci fossero le restrizioni imposte dall’occupazione militare israeliana sul 60% della Cisgiordania: la cosiddetta area C dei territori occupati sotto il controllo esclusivo di Israele. Lo scrive in un rapporto appena pubblicato dalla Banca mondiale. «Più della metà della Cisgiordania, un buona parte della quale ricca di potenzialità agricole e di risorse, è inaccessibile ai palestinesi», denuncia la Banca mondiale che stima in 3,4 miliardi di dollari il mancato introito dovuto all’occupazione israeliana.

Se fosse autorizzato lo sviluppo dell’imprenditoria locale e sfruttamento agricolo nell’area C, il Pil palestinese crescerebbe d’un balzo di un 35 per cento, sottolinea l’istituzione finanziaria.  A favorire questa crescita – spiegano gli autori del rapporto – sarebbero l’agricoltura e lo sfruttamento dei minerali delle rive palestinesi del Mar Morto, laddove venissero eliminati sia le restrizioni di movimento e accesso in vigore e gli altri ostacoli amministrativi agli investimenti e alle iniziative economiche palestinesi nell’area C. Ciò migliorerebbe di molto, grazie a queste entrate supplementari, la situazione delle casse pubbliche palestinesi. Vi entrerebbero almeno 800 milioni di dollari, sostiene la Banca mondiale, una somma in grado di alleggerire notevolmente la dipendenza dell’Anp di Abu Mazen dall’intervento dei donatori stranieri.