«Non ho mai autorizzato nessuno perché nessuno mi ha mai chiesto autorizzazioni»: il ministro dell’economia Padoan, in commissione banche, risponde all’abituale fuoco di fila di domande su Etruria, in particolare su un suo eventuale mandato agli allora ministri Boschi e Delrio per interessarsi del caso.

Se la sua intenzione è quella di «scaricare la Boschi», come sostiene a voce altissima M5S, va detto che Padoan lo fa con passo felpato.

Ma il colpo, per quanto attutito, c’è lo stesso. «Se lo avessi fatto io quando ero ministro, Tremonti mi avrebbe impalato», chiosa Brunetta e non c’è dubbio che la febbrile attività della Boschi, senza l’imprimatur del Mef, risulti sospetta e molto imbarazzante. Però le autorità davvero competenti, cioè il ministro delle finanze, alias lui stesso, non ha mai avuto contatti per il salvataggio di Etruria, né con l’allora amministratore delegato di Unicredit Ghizzoni e tanto meno con Pier Luigi Boschi.

E questo, indirettamente, è invece un sostegno a quella che ormai è la principale imputata nel processone travestito da commissione parlamentare.

Anche quando si passa alla vigilanza della Banca d’Italia, Padoan si tiene in miracoloso equilibrio. Una stilettata contro palazzo Koch: «Nelle banche venete i fenomeni non sono spiegabili solo con la gravità della crisi e il cambiamento delle regole». Come dire: problemi di vigilanza. Se non fosse che a smentire questa interpretazione, un nanosecondo dopo, è sempre Padoan: «Non mi sono lamentato dell’attività della Banca d’Italia. È che ci possono essere stati ostacoli all’attività della vigilanza».

La colpa, insomma,è tutta dei vigilati che non si sono fatto vigilare a dovere. Come si fa a vigilare se il vigilato non collabora?

La prudenza di Padoan non metterà al riparo dalla carica del Pd Ignazio Visco, governatore di Bankitalia, quando oggi stesso si troverà di fronte alla commissione. Nelle intenzioni del Pd l’imputato numero uno doveva essere lui, e anche se quella posizione è stata occupata dalla Boschi il fuoco dei renziani sarà fittissimo. Tanto più che dalle audizioni precedenti il ruolo della Vigilanza di Bankitalia è uscito letteralmente a pezzi.

Proprio sul caso Etruria sarà molto difficile per il governatore sostenere che non ci furono pressioni estreme per spingere la banca aretina ad accettare la fusione con popolare Vicenza. Operazione sponsorizzata dalla banca centrale che sarebbe però stata disastrosa, ove Etruria avesse accettato.

Domani sarà il turno di Federico Ghizzoni. Sino a una settimana fa l’audizione dell’ex amministratore delegato di Unicredit non era neppure prevista. Oggi è la più attesa di tutte. Dovrà chiarire se a dire la verità è l’ex direttore del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli, secondo cui l’allora ministra si interessò a un possibile acquisto della banca di cui suo padre era vicedirettore, e Boschi stessa, che nega di aver mai «esercitato pressioni».

Per valutare la deposizione di Ghizzoni bisognerà concentrarsi sulle sfumature. De Bortoli infatti non ha mai parlato di «pressioni»: resta solo da vedere fino a che punto si sia spinto il «non pressante interessamento» dell’allora ministra.

Ma è un fatto che la posizione di Maria Elena Boschi diventi ogni giorno meno difendibile. Ieri il Corriere ha rivelato che nel 2014 incontrò anche il vicedirettore di Bankitalia Fabio Panetta. L’argomento trattato è al momento ignoto ma è molto difficile credere che non si trattasse di Etruria.

La richiesta di convocare in audizione la stessa sottosegretaria Boschi è nell’ordine delle cose. Ma il Pd alza barricate altissime. Il presidente del Pd Orfini strepita che, se proprio si deve cambiare il calendario per ascoltare la Boschi nel pochissimo tempo rimasto a disposizione, allora deve essere convocato anche Mario Draghi. È un po’ come minacciare l’arma fine-di-mondo e rende ragione del panico che si è diffuso nel Pd. La nuova linea di difesa è che Boschi aveva tutto il diritto di interessarsi della banca di papà: «Ci manca che il Mef debba autorizzare i ministri a occuparsi della crisi delle banche nei loro collegi!». Definire l’argomento fragilino è niente. Che Boschi sia audita o meno per il Pd la commissione voluta da Renzi è già una Waterloo.