La bambina della luce illumina una stagione videoludica che per tinte e suggestioni ricorda un piovoso autunno più che una soleggiata primavera.

Mentre la comunità di appassionati combatte sui forum dei siti specializzati noiose e inutili guerre attorno a quale delle nuove console di Microsoft e Sony sia più potente o se convenga di più assemblare computer da migliaia di euro per ottenere il massimo della prestazione, ecco arrivare Child of Light, il piccolo ma immenso gioco di Ubisoft ad ammonirci che il videogame è soprattutto favola e meraviglia.

Disponibile per tutte le nuove e vecchie console Child of Light è un gioco di ruolo classico che ripristina gli antichi fasti delle opere giapponesi di un tempo, un omaggio occidentale a quell’estro nipponico che produsse Final Fantasy VI, SaGa Frontier e Grandia voluto da Patrick Plourde, direttore creativo del violentissimo e esotico Far Cry 3 e lead game designer del rinascimentale e omicida Assassin’s Creed 2.

Plourde, forse stanco di colossal mainstream over 18, ha assemblato un team di quasi solo donne per realizzare una fiaba che possiede la lirica e l’intima epica di quei racconti che possono fare innamorare gli adulti come i bambini con la loro invenzione e poesia.

Child of Light è la storia di una bimba, la principessa d’Austria Aurora, che si trova precipitata in un mondo fantastico dove la sensuale e malefica Regina della Notte regna con il potere delle tenebre che cancella lo scintillio degli astri e lo splendore del sole. Aurora inizia così un viaggio salvifico che è anche la celebrazione di un femmineo rito di passaggio dall’infanzia, all’adolescenza alla maturità o, come scrive Alessandra Contin su La Stampa, “un universale viaggio della crescita”.

Dipinto tutto a mano con colori d’acquarello trasformati in visione elettronica, Child of Light è un affresco in movimento che solo guardare è un’esperienza sconvolgente per i sensi assuefatti all’iper-realismo delle console. Si procede esplorando ambienti bidimensionali volando con l’ausilio dell’evanescenti ali di Aurora e non c’è anfratto dello stregato mondo di Lemuria che non si vorrebbe ammirare, tanto che scoprirne ogni panorama diviene una sfida estetica oltre che avventurosa. Realizzati con lo stesso motore grafico degli ultimi e splendenti Rayman, l’UbiArt Framework, e con la collaborazione di alcuni artisti e scenografi del Cirque du Soleil, gli ambienti in 2d del videogioco variano di luci e colori scivolando leggeri come acqua dal sole su diversi registri di misteriosa bellezza e fiabesco orrore.

Passiamo da tetre foreste la cui verde e ombrosa austerità non nega i brividi nostalgici dei ricordi d’infanzia di un bimbo che si trovi a vagare per la prima volta in un bosco con stupore e timore; voliamo fino a isole nel cielo che rimandano all’extraterrestre geologia del pianeta Pandora di Avatar, ammiriamo mulini celesti elevarsi cadenti tra nubi nere e venti impetuosi mentre maialini alati grufolano soddisfatti, visitiamo oscuri manieri dalle segrete umide e nere, penetriamo nel corpo di un colosso le cui interiora sono infestate da perniciosi aracnidi, scendiamo nel profondo di abissi la cui vita oceanica si manifesta in prodigi di fauna e flora, sorvoliamo i tetti acuminati di una vetusta città di conigli commercianti.

Il viaggio di Aurora è solo inizialmente solitario poiché poi si uniranno a lei diversi personaggi come il fondamentale Igniculus, luce azzurra dal viso di bimbo che ricorda gli “slime” di Dragon Quest ma che è molto più utile, la circense Rubella dal cappello da giullare e lo gnomo Finn dai poteri di mago. Proseguendo nella storia la compagnia di avventurieri si amplia con personaggi dalle abilità diverse utili per superare i complessi combattimenti a turno contro le bestie mostruose di varia misura che abitano le terre di Lemuria. Conoscere ogni caratteristica della propria compagnia e utilizzarne i membri al momento giusto, assecondando l’andamento dello scontro senza infrangerne il bioritmo marziale, è l’unico modo per sopravvivere non solo alle battaglie con i nemici più grandi e cattivi ma contro quelli comuni.

Tuttavia le battaglie sono strategicamente difficili e appaganti solo nella modalità “difficile” (quella che consigliamo almeno agli adulti) e per la struttura ludica ricordano soprattutto quelle del secondo episodio di Grandia e di Final Fantasy X.

La complessità degli scontri garantita dalla scelta di non cedere alle lusinghe di uno stile di gioco più facile amplifica inoltre la durata del videogame, breve e intenso come un bel sogno, e rende più godibili e utili le soluzioni tattiche pensate per l’evoluzione dei personaggi, che altrimenti potrebbero essere superflue.

La colonna sonora composta dal musicista soprannominato Coeur de Pirate contribuisce all’atmosfera fatata e ai simbolismi del viaggio di Aurora con temi che illustrano panorami psicologici e che non invadono mai il suono naturale degli ambienti, una musica che diventa incalzante solo durante il combattimento, quando dal timbro dolente del pianoforte solo trascorre alla coralità sinfonica dell’orchestra.

Tutta la trama e i dialoghi di Child of Light sono narrati in versi la cui ritmica è purtroppo penalizzata da una traduzione italiana un po’ frettolosa che talvolta non restituisce a dovere la poetica dell’originale o peggio, per conservare una rima, veste la storia di un’involontaria parodia, quando non la rende addirittura ostica da comprendere. Ma la potenza diegetica della visione è tale che il dramma di Aurora emerge ugualmente in tutta la sua elegia senza essere troppo penalizzato dall’adattamento sommario e va comunque considerato l’arduo compito dei traduttori nell’interpretare un testo così complesso nella forma, inusuale per un videogame, e consegnarlo in tempo per la distribuzione.

Terminando Child of Light, dopo dieci o venti ore di gioco in base alla propria volontà di vedere o no tutto il possibile, permane un senso di desiderio poiché ci vorrebbero più giochi come questo. Opere che sfruttano la potenza di calcolo delle console per offrire nuove visioni e non per mimare la realtà, ma per inventarla di nuovo.

Il successo del videogioco di Patrick Plourde e della sua squadra ribadisce il valore dei giochi di ruolo con i combattimenti a turni, dati per spacciati negli ultimi anni ma che hanno visto durante questa stagione, grazie alla distribuzione di Bravely Default e Final Fantasy X HD Remaster, una gloriosa riaffermazione. E’ possibile quindi che questo genere torni a imporsi tra il pubblico hardcore con la nuova generazione di console e vada ad intaccare il dominio assoluto e la monotonia di sparatutto e videogiochi sportivi.

Libro di fiabe interattivo disegnato con la grazia pittorica di un sommo artigiano dell’illustrazione, Child of Light infrange con il successo di rare opere i confini che separano i videogiochi dai fumetti, dalla pittura e dalla letteratura , edificando con la sua acquarellata bellezza le fondamenta di un nuovo mondo che, guardando al futuro ombroso e nebuloso della prossima storia dei videogiochi, è bello sognare di percorrere di nuovo in un seguito ancora più lungo, grande e profondo.