Folle, istrione e ironico. Un’esistenza sulle montagne russe – questo è certo – è quella vissuta da George Alan O’Dowd in arte meglio conosciuto come Boy George, icona degli ottanta con i Culture Club con cui ha disseminato decine di pop song in classifica da una parte all’altra dell’oceano.

Karma, la mia storia non è la sua prima biografia ma è probabilmente la più completa, sintesi perfetta per raccontare un decennio – gli ottanta – fatta di stravaganze ed eccessi, ma anche ricca di ispirazioni. Forse l’ultima grande esplosione di creatività pop.

«Mi sono  dato molto da fare – spiega l’autore – per creare Boy George e poi ho passato anni a combattere per liberarmi di lui. Ma ora sento di poterci far pace. Lo accolgo in un modo che non ero in grado di fare da giovane e mi diverto… Sto finalmente imparando a essere George Alan O’Dowd».

Dall’infanzia nella Londra degli anni sessanta , passando al coming out nella famiglia irlandese nei settanta, con (molta) consapevolezza Boy George si diletta a mettere in prosa quegli anni furiosi, il carcere, ma soprattutto inanella una serie di aneddoti (e pettegolezzi) sulle pop star e le (sedicenti) stelline dell’epoca quasi in una sorta di Londra Babilonia.