Sono quasi le 19 di un caldo fine settimana invernale. Il Covid-19 è ancora un problema lontano, le strade sono ancora piene di persone. Una coppia di turisti passeggia nel rione Prati di Roma e si ferma in via degli Scipioni. Qui tra un negozio di souvenir e una rivendita «Lazio fan shop» c’è un’insegna con scritto «Cinema», sotto la quale è dipinto Charlie Chaplin che sembra fare capolino dall’architrave della porta. Sull’uscio, uno stand con un vaso di fiori e una serie di fogli, disposti ordinatamente su due file. La coppia di turisti entra e viene accolta da un signore che gli sorride dietro un bancone di legno. «Buona sera e benvenuti all’Azzurro Scipioni». I due turisti si guardano intorno spaesati e chiedono cosa si venda lì dentro: «è un cinema, si vende arte».

Il signore dietro al bancone è Silvano Agosti, regista, sceneggiatore, montatore, filosofo, scrittore, poeta e saggista. E proprietario di cinema. Di questo cinema quasi nascosto tra le vie di Roma. Si definisce un «essere umano», secondo lui ce ne sono pochi, cioè «un tutto, un insieme, un essere complesso» e non un cittadino limitato dalla prigione del lavoro. È per evitare questa reclusione che il cinema è aperto solo nel fine settimana: «Ho deciso che non avrei mai lavorato più di due ore al giorno», così da dedicare il resto del tempo a vivere.

La missione di Agosti è ospitare quei film che altrimenti nessuno vedrebbe e che lui tratta come opere letterarie, perché «così come in libreria si presentano tutti i capolavori della storia della letteratura, all’Azzurro Scipioni lo si fa con quelli del cinema». Continua: «Questa è la cosa proprio originale, che si dà al cinema la dignità delle grandi culture».
Il bancone è il cuore pulsante del cinema, il centro di comando dal quale Agosti smista gli spettatori nelle due sale, la «Lumiere» e la «Chaplin». La prima è in cima a una piccola scala di marmo, la seconda è sulla sinistra del corridoio che prosegue dall’atrio. Si forma un piccolo capannello di gente, alcuni compilano la tessera associativa, altri sono appena usciti da una proiezione. Con tutta calma gli spettatori si fermano a scambiare qualche parola con Silvano, pronto a declamare versi suoi e di altri, chiacchierare del più e del meno o addirittura a punzecchiarli.

Agosti è un padrone di casa che si muove agilmente nel ridotto spazio di lavoro. Fa accomodare le persone dopo aver offerto una caramella e si dirige nella saletta di proiezione dalla quale si assicura che partano i film. Qui una serie di Dvd fa compagnia a delle vecchie «pizze» cinematografiche di vari formati. Ormai proietta quasi sempre in formato Blu-Ray, ma ha ancora film in pellicole da 16 e 35 millimetri, tra cui Roma di Federico Fellini. La sua aiutante Giuliana spiega che di rado capita di proiettare in pellicola, perché la conservazione è difficile e non viene apprezzata la differenza.

Agosti fa partire I vitelloni di Fellini, le poltrone imbottite accolgono gli spettatori e le luci della sala «Chaplin» si spengono. È la più grande delle due, con 100 posti a sedere in confronto ai 50 della «Lumière», ed è anche quella più arredata. Qui sono esposti i quadri di Marco, che dipinge con i denti a causa delle sue condizioni di salute, e le foto di Nancy Engelsberg, musicista e fotografa di Chicago. In un angolo c’è una vecchia moviola 35 mm con cui Agosti ha montato molti film e in un altro il pianoforte dove Ennio Morricone ha suonato un accenno del tema musicale di C’era una volta in America in occasione di una visita ad Agosti, per il quale ha composto quattro colonne sonore: «mentre andava verso il pianoforte mi ha detto tra i denti: “non lo faccio mai”» ricorda Silvano. L’ultima fila è speciale; le poltrone sono sedili d’aereo che ha acquistato da un ingegnere che lo riteneva pazzo: «Se lei mi dà le sedie io sono sano, se non me le dà sono pazzo» la risposta di Agosti. «Ho sempre ammirato tanto le poltrone d’aereo, perché è un volo quello che si fa nel cinema» afferma Stefano, che frequenta il cinema da quando negli anni Novanta, in una matinée con la scuola, ha visto Koyaanisqatsi di Godfrey Reggio. Anche Maria Böhmer, autrice di libri sulla lingua tedesca, sorride pensando ai sedili d’aereo, mentre Andrea Volo, pittore e docente, dice che tutto l’Azzurro Scipioni è pieno di curiosità.

All’esterno delle sale c’è una serie di scritte e disegni: sono le vecchie porte, diventate ora delle stele, su cui vari personaggi hanno salutato Agosti. «Per Silvano, dai miei limiti ai suoi infiniti» la dedica del regista cileno Alejandro Jodorowsky. «La felicità è una sofferenza stanca» quella del poeta russo Evtušenko, ma anche Fellini, Antonioni, Scola, Moravia e Verdone sono tra quelli che hanno lasciato un ricordo.

Salendo la scala per accedere alla sala «Lumière» si vede un manifesto incorniciato scritto in giapponese: «È venuto un giapponese a vedere il mio film L’uomo proiettile; all’uscita dalla sala gli ho chiesto cosa ne pensasse e lui mi ha risposto che me ne sarei accorto». «Sembrava una minaccia» prosegue Agosti, invece un paio di mesi dopo quel signore aveva organizzato delle rassegne dei suoi film in varie città nipponiche.

Alcuni spettatori si affrettano a raggiungere la sala «Lumière» per la proiezione de L’angelo ubriaco di Akira Kurosawa. Qui, insieme ad altre foto della Engelsberg, c’è un dipinto di Stefania Orrù che sorveglia i 50 posti a sedere. Agosti spiega che in questa sala vengono proiettati «360 capolavori all’anno», per una media di poco superiore ai 2 film al giorno, e «ci vogliono 7 anni per vederli tutti» guardandone uno alla settimana, mentre la sala «Chaplin» è riservata a tutti i film che hanno vinto i premi cinematografici più importanti.

Leonardo, appassionato di cinema, è contento di essere all’Azzurro Scipioni perché «ripropone classici che è difficile trovare in altri cinema normali». L’importanza di questa programmazione la conferma Roberto Silvestri, critico cinematografico per il manifesto e per la trasmissione di Radio3 «Hollywood Party»: «Tramandare il grande cinema del passato permette allo spettatore critico di smascherare la presunta originalità dei blockbuster che copiano male dai classici, nascosti e dimenticati non a caso, affinché il grande pubblico non sappia più nulla e non se ne accorga. E permette allo spettatore critico di scoprire davvero dove c’è originalità di ricerca nei nuovi talenti». Costanza ringrazia Silvano Agosti «perché fa una cosa per noi giovani veramente incredibile, dato che noi questi film non li abbiamo mai visti, e farlo al cinema è bellissimo». Lei ha scelto di affittare una sala per una festa a sorpresa ed è al cinema anche per chiedere un consiglio su quale film scegliere. Agosti suggerisce Vacanze romane di William Wyler, ma la decisione è rimandata. Mentre finiscono le ultime proiezioni, il padrone di casa prepara la lavagnetta metallica da esporre in vetrina con i titoli del giorno dopo: come un puzzle, compone con le lettere magnetiche nomi e titoli dei film. All’uscita qualcuno torna subito nel mondo reale, altri rimangono a commentare i film e il cinema.

È dal 1983 che il regista di Brescia manda avanti l’Azzurro Scipioni, aperto per due motivi: un sogno in cui Chaplin lo rimprovera per la chiusura di un cinema vicino casa, e il desiderio di mostrare il cinema d’autore e d’impegno, escluso dai circuiti cinematografici. Come Il pianeta azzurro, scritto, girato e montato da Franco Piavoli e prodotto da Agosti. Il film ha trovato spazio solo in un cinema porno di Roma nonostante il premio «Associazione generale italiana dello spettacolo» alla mostra del cinema di Venezia nel 1982, e a dispetto della dichiarazione del critico Tullio Kezich: «Il Pianeta azzurro dovrebbero vederlo per legge tutti gli italiani». È per questo che Agosti ha aperto l’Azzurro Scipioni: Azzurro in onore del film di Piavoli e Scipioni per la via in cui si trova.

C’era anche Giuliana quando è stato aperto. Già collaboratrice al montaggio di alcune opere di Silvano Agosti, compreso il documentario sul decennio 1968-1978 Ora e sempre riprendiamoci la vita, adesso sbriga le questioni burocratiche e amministrative del cinema al mattino. Per l’Azzurro Scipioni sente un legame affettivo molto forte, quasi come quello tra madre e figlio. Dice che «ormai non c’è un grosso giro di pubblico» e gli spettatori vengono per due motivi principali: la programmazione e la possibilità di parlare di film con Silvano. «Dipende anche da che cosa cerchi, perché lui è molto espansivo mentre magari tu vuoi stare più per i fatti tuoi» riflette Gabriele, studente di cinema che da qualche mese frequenta l’Azzurro Scipioni almeno una volta a settimana. Gli spettatori abituali raccontano aneddoti che fanno pensare a un ambiente informale, quasi familiare, come quello di Maria Böhmer: «Una volta non ricordavo se avevo spento il gas, abito qui vicino, l’ho detto alla cassa e lui ha risposto: “Fa niente, aspettiamo, torni a casa e controlli”». «È un luogo magico, un laboratorio artigianale del cinema» spiega Stefano all’uscita, «un luogo da tutelare prima che scompaia», come successo per esempio al Bleecker Street Cinema di New York.

La sfida per i cinema di quartiere non sono solo i giganti dello streaming, che comunque non agiscono da competitori diretti: dai dati raccolti dallo European audiovisual observatory (l’osservatorio europeo del settore audiovisivo) si nota che mentre nel 2018 i servizi on demand (tra cui il più famoso, Netflix) crescevano del 45,7%, il numero di ingressi nei cinema nell’Unione Europea calava del 2,9%, tornando a crescere del 5,3% nel 2019. Secondo i dati di Cinetel, società che cura incassi e presenze nei cinema, gli spettatori italiani invece sono calati nel 2018 del 6,89%, crescendo poi del 13,55% nel 2019.

Miglioramento cancellato dal calo di 25 milioni di spettatori provocato dalla pandemia riferito da Francesco Rutelli, presidente dell’Anica (Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive). «L’inizio di quest’anno è stato ottimo, solo gennaio aveva segnato +4 milioni di spettatori nelle sale, e da febbraio è iniziato il tracollo» ha riferito in videoconferenza nel corso dell’audizione al Senato del 30 giugno sull’Impatto del Covid-19 sul settore della cultura.
Lo streaming non sta uccidendo il cinema, dunque: secondo gli studi del team specializzato in raccolta e analisi di statistiche «Quantitative Economics and Statistics» del network con sede a Londra Ernst and Young, gli spettatori abituali di contenuti in streaming sono anche i più assidui frequentatori di cinema. Servono dunque novità, una buona programmazione ed eventi collaterali, legati alle proiezioni.

All’Azzurro Scipioni la programmazione è di qualità, ma potrebbe comunque chiudere presto: prima della pandemia la previsione di Agosti era che il cinema sarebbe andato avanti ancora uno o due anni al massimo – nel 2022 avrà 84 anni -, sia per l’età, sia per l’impegno economico divenuto insostenibile, ma anche perché vorrebbe dedicarsi di più alla scrittura (ha recentemente ripubblicato il suo Lettere dalla Kirghisia con Mondadori).
Per questo motivo ha lanciato a maggio una campagna di crowdfunding su Produzioni dal Basso per riuscire a sostenere le spese dovute alla chiusura forzata, per permettere a questo «piccolo Louvre del cinema» di continuare a esistere.