Il procuratore generale della Cassazione Riccardo Fuzio ha avviato l’azione disciplinare nei confronti dei togati autosospesi dal Csm perché coinvolti nel caso Palamara: Gianluigi Morlini (che la scorsa settimana ha lasciato Unicost) e i tre di Magistratura indipendente Antonio Lepre, Corrado Cartoni e Paolo Criscuoli. Il parlamentino dell’Anm ha chiesto le loro dimissioni dal Csm mentre Mi li ha difesi invitandoli a tornare in servizio, una posizione che ha provocato una spaccatura all’interno del sindacato dei magistrati.

Lo stesso vicepresidente del Csm David Ermini, in stretto contatto con il Quirinale, li aveva invitati a prendere rapidamente una decisione facendo appello alla loro responsabilità istituzionale. I quattro sono stati registrati di notte a colloquio con Luca Palamara (pm Unicost in forza a Roma, indagato a Perugia per corruzione) e con i parlamentari Pd Luca Lotti e Cosimo Ferri. Lotti è indagato a Roma per il caso Consip, il secondo è un magistrato in aspettativa di Mi. Il summit verteva sulla successione a Giuseppe Pignatone al vertice della procura capitolina.

Nel pomeriggio il fronte si è incrinato e poi rotto. Criscuoli ha deciso di lasciare la Sezione disciplinare mente Morlini ha fatto anche il passo successivo, dimettendosi dal Csm «per senso di responsabilità e per tutelare l’istituzione». Nella lettera consegnata a Ermini ha spiegato: «Il mio unico errore è stato non andare via immediatamente astenendomi dal parlare di vicende consiliari. A un dopo cena con alcuni colleghi magistrati è, per me inaspettatamente, intervenuto l’onorevole Lotti. Non mi sono immediatamente allontanato, nonostante tutti noi parlassimo di questioni consiliari».

Morlini ammette l’incontro ma nega di essere coinvolto nella rete che, secondo i pm umbri, coinvolge Palamara (accusato di corruzione), gli avvocati Amara e Calafiore e il lobbista Centofanti. Nega anche di aver avuto un ruolo nella diffusione del dossier che avrebbe dovuto danneggiare Pignatone e il suo aggiunto Paolo Ielo, depositato dal pm della capitale Stefano Fava, accusato nell’inchiesta umbra di avere rivelato particolari coperti da segreto allo stesso Palamara.
In base alle rivelazioni della stampa, nelle nuove intercettazioni depositate a Perugia dal Gico, relative allo scorso maggio, ci sarebbero altri magistrati registrati mentre discutevano delle nomine nelle procure. Non solo. Lotti avrebbe detto a Palamara di essere stato al Colle per lamentarsi dell’operato di Pignatone e di essere pronto a tornarci per favorire la nomina a capo della procura di Roma di Marcello Viola. Palamara, dal canto suo, durante l’interrogatorio a Perugia avrebbe affermato di aver saputo di essere intercettato da un amico che, a sua volta, l’avrebbe appreso da una talpa al Quirinale.

La presidenza della Repubblica ha respinto ogni ricostruzione: «Il Colle non aveva notizie sulle indagini né ha fatto uscire informazioni al riguardo. Il presidente Sergio Mattarella non ha mai parlato con alcuno di nomine di magistrati né è mai intervenuto per esse». L’ultimo incontro con Lotti è avvenuto il 6 agosto del 2018: si è trattato della visita di congedo da ministro dello Sport. Quella del braccio destro di Matteo Renzi sarebbe stata, quindi, una bugia per acquistare peso con Palamara.

La nomina a capo della procura di Roma riparte da zero. Del resto l’iter eccessivamente spedito aveva provocato molti sospetti e lo stesso Mattarella aveva chiesto meno fretta e più attenzione. Il voto del 23 maggio della Quinta commissione del Csm sulle proposte da formulare al plenum, che aveva visto Viola prevalere con quattro voti, è stato sterilizzato e non sono state redatte le motivazioni che sarebbero dovute arrivare al plenum. La stessa composizione della Commissione è cambiata dopo l’esplosione dell’inchiesta, a cominciare dal presidente: Morlini era stato sostituito da Mario Suriano di Area. La Commissione potrebbe compiere nuovamente le valutazioni sui candidati, 13 le domande presentate. Inoltre, il Csm martedì ha deciso di procedere rispettando il criterio cronologico nella trattazione delle pratiche, partendo dagli uffici giudiziari la cui casella di comando è scoperta da più tempo.