Tutto colori primari, superfici smaglianti, con mondi fantastici attraversati da fiumi di cioccolato e da personaggi eternamente sorridenti, che includono un gigante muratore scalzo con la camicia scozzese e la lacrima facile, e una bambina che ama correre in automobile, nonostante l’innocuo rating PG, Ralph spacca internet non ha una visione della rete molto più solare di quella espressa dai sequel di Matrix.
Viene infatti da chiedersi che effetto avrebbe fatto nella psiche collettiva se il nuovo, popolarissimo, cartoon Disney, diretto da Rich Moore e Phil Johnston, fosse uscito 25 anni fa, quando la mistica di internet non era ancora stata contaminata da bot russi, elezioni scippate, fake news albanesi, sorveglianza governativa ravvicinata; e Silicon Valley non era ancora un simbolo dello spietato sfruttamento commerciale di un pianeta passivamente incollato allo schermo come i ciccioni di Wall-e

GIÀ DIETRO a Ralph Spaccatutto (e insieme anche sull’ottimo Zootopia, cartoon animalesco antiautoritario, che sollevava dei dubbi sull’efficacia dello stato di polizia) Moore e Johnston iniziano il loro film nella vecchia sala videogiochi del primo film, la Litvak Family Fun Arcade, in cui i personaggi dei videogame lavorano di giorno e si divertono tra loro dopo l’ora di chiusura. Un business famigliare piacevolmente antiquato, la Litvak accoglie un intruso – non un gioco avveniristico che potrebbe obliterarne altri ma un router per il Wi-Fi. L’obsolescenza è da sempre una delle preoccupazioni nelle storie di giocattoli (vedi i Toy Story) e anche qui giustifica l’incipit dell’azione.

QUANDO il vecchio videogame automobilistico della sua amica del cuore Vanello von Schweetz si rompe, e ha bisogno di un costoso pezzo nuovo disponibile solo online, Ralph il distruttore gentile prende la situazione nei suoi manoni e, insieme a Vennelope si avventura online. Tutt’altro che un paese delle meraviglie alla Lewis Carroll, «la rete» si apre ai nostri occhi (nel disegno squadrato e finto semplice che caratterizzava anche il primo film) come un gigante supermercato, uno skyline di nomi e loghi noti (e-Bay, Google, Amazon…) tra cui i piccoli avatar di milioni di utenti (sorriso beatamente ebete) vengono incanalati dentro cubi trasparenti e trasportati verso gli oggetti dei loro desideri – un viaggio continuamente interrotto dall’apparizione molesta di un esercito di pop up e di video che cercano di vendere loro di tutto, specialmente l’implausibile. Alla ricerca dei soldi per pagare il fatidico pezzo mancante che Ralph e Vennelope si sono aggiudicati per una cifra stratosferica non sapendo cos’è un’asta, i due amici finiscono su You Tube, in un video game alla Grand Theft-Auto, Slaughter Race, la cui campionessa/algoritmo Yess conquista l’immaginazione di Vennelope, un po’ stufa di sfrecciare a novemila all’ora tra caramelle e zucchero filato.

IL CALORE del vecchio contro l’avvenuta del nuovo, come può trasformarsi un’amicizia – Ralph Breaks the Internet declina alcuni dei classici leit motiv disneyani, inclusa (con mano di marketing un po’ pesante) un’apparizione massiccia delle sue «principesse», che Vennelope introduce al comfort supremo di una mise a base di felpa e leggings.