Una carta dei diritti dei ciclo-fattorini – i «rider» – e l’organizzazione delle manifestazioni in bicicletta il primo Maggio, festa dei lavoratori, a Torino, Milano e Bologna. Questo è il programma della prima assemblea dei «gig workers» che lavorano per le piattaforme digitali di consegna di cibo a domicilio qualche giorno dopo la sentenza del tribunale di Torino che ha negato lo status di lavoratori «subordinati» ai sei ciclo-fattorini di Foodora «sloggati» dalla piattaforma a seguito di una serie di rivendicazioni sulle paghe. L’assemblea inizierà alle 10,30 a Làbas, in vicolo Bolognetti 2.

I «riders» intendono ribaltare la propaganda digitale secondo la quale i lavoratori delle piattaforme – da quelle del «food delivery» a quelli che operano su Uber, ad esempio – sono «lavoratori autonomi», «auto-impiegati» o «imprenditori di se stessi». Mentre, invece, sono lavoratori parasubordinati che svolgono mansioni in maniera eterodiretta attraverso gli algoritmi quando scelgono di essere operativi secondo le regole di un’azienda. Il riconoscimento di questo status lavorativo è l’oggetto delle lotte dei fattorini e degli autisti Uber in Europa e negli Stati Uniti. Ad esempio, in Inghilterra i «driver» di Uber sono stati definiti «workers» – ovvero lavoratori parasubordinati – in ben due gradi di giudizio dai tribunali del lavoro a Londra. Viceversa, considerarli presunti autonomi significa scaricare tutti i costi d’impresa sulle loro spalle. Questa retorica, scrivono i rider, «nasconde in realtà il dispotismo dell’algoritmo, i diritti negati, il ricatto del rating aziendale, la mancanza di tutele e sicurezza, le paghe sempre più basse».

La scena delle lotte è molto attiva. Negli ultimi giorni a Milano c’è stata la contestazione all’amministratore delegato di Deliveroo Italia, Matteo Sarzana, alla Fondazione Feltrinelli. A Torino un gruppo di fattorini ha occupato per alcune ore la sede nazionale dell’azienda chiedendo risposte. Sono stati sgomberati dalla forza pubblica. A Bologna, pochi giorni fa il sindacato auto-organizzato «Riders Union Bologna» ha siglato con il Comune e i sindacati confederali una «carta dei diritti fondamentali del lavoro digitale nel contesto urbano». Sarà sottoposta alle piattaforme che operano a Bologna (Foodora, JustEat, Sgnam o Deliveroo) per essere sottoscritta.

«È un’innovazione giuridica. Ci impegniamo affinché non resti la carta delle buone intenzioni, vedremo se le piattaforme continueranno a operare come prima – sostiene uno degli attivisti di Riders Union Bologna – Che sia un lavoro autonomo o subordinativo ci sono diritti e tutele minime da garantire in maniera omogenea a tutti. Nel caso dei co.co.co., ad esempio, significa una copertura assicurativa piena, un monte orario garantito e una retribuzione adeguata non inferiore da quanto stabilito dai contratti collettivi nazionali, in media mai sotto i sette euro all’ora».

Anche a Milano si sta cercando un’interlocuzione con il comune. «Quella di Bologna è un esperimento interessante – sostiene un attivista di Deliverance Milano, il sindacato sociale dei fattorini di Milano – bisogna verificare quanto sarà efficace dal punto di vista sindacale. Proporremo la stesura di un documento politico sui diritti. La sentenza di Torino risente del clima generale di precarizzazione. Ci sarà modo di capirne i dettagli tecnici, era un passaggio importante per capire l’orientamento dei tribunali rispetto a problemi nuovi. È stata una prima vertenza a cui seguiranno molte altre».