Il dibattito dei democratici che si è tenuto a Charleston, in South Carolina, è stato il più caotico fino ad ora. Colpa della cattiva gestione dei moderatori ma anche del nervosismo dei candidati, consapevoli di essere arrivati all’ultima chance per parlare a milioni di elettori prima del Super Tuesday del 3 marzo, quando si voterà in 14 stati contemporaneamente.

Il più attaccato è stato Bernie Sanders, candidato fin qui vincente dopo aver sbaragliato tutti in Nevada. Bernie si è difeso da Biden che lo ha accusato di avere sostenuto leggi troppo soft sulle armi; e da Buttiggieg secondo cui un Sanders front runner spaventerebbe i moderati, tanto da far perdere al partito molti seggi alla Camera e al Senato. Bloomberg è apparso meno in difficoltà ma lungi dall’essere in forma. Ha accusato Sanders di ricevere aiuto dai russi perché percepito come il candidato più debole contro Trump. Così però ha dato a Sanders l’opportunità di ribadire la propria strategia per battere The Donald: portare al voto poveri, minoranze, tutti quelli che, non sentendosi rappresentati, di solito non votano. Dal confronto si confermano i due approcci opposti: quelli della cosiddetta «resistenza democratica» che promette alla base di riportare gli Usa all’era pre-trumpiana, migliorata ma sostanzialmente simile, e l’approccio rivoluzionario di Sanders che vuole fare qualcosa di mai visto prima in Usa, la socialdemocrazia.

Intervistata il giorno dopo il dibattito la speaker della Camera, la moderata Nancy Pelosi, ha spiegato di essere a suo agio con l’ipotesi di Sanders candidato del suo partito, e di non pensare che l’eventualità metta a rischio la maggioranza della Camera. «Penso che chiunque sarà il nostro candidato ci abbracceremo con entusiasmo e vinceremo la Casa Bianca, il Senato e la Camera», ha detto Pelosi