Nel calcio delle plusvalenze, dei bilanci gonfiati a dismisura, delle proprietà fantasma e delle società che falliscono a ripetizione, è arrivato uno di quei ciclici momenti di catarsi e purificazione: la gogna nei confronti dell’ultras.

«Il cattivo a tutto tondo senza alcuna possibile giustificazione o motivazione», secondo la celebre ripresa di Valerio Marchi del concetto di folk devils proprio della sociologia britannica. Ieri, a seguito di una lunga indagine della procura torinese coordinata dal pm Chiara Maina e dal procuratore aggiunto Patrizia Caputo, la Digos ha disposto diverse misure cautelari – tra arresti, domiciliari, daspo e obbligo di dimora – per 12 persone appartenenti a storici gruppi bianconeri come «Drughi», «Tradizione», «Viking» (di Milano), «Nucleo 1985» e «Quelli… di via Filadelfia». L’indagine «Last Banner», proseguita con il coinvolgimento di un’altra quarantina di persone sparse per il nord Italia, nasce lo scorso anno su denuncia dello Juventus Football Club e si basa su oltre 200mila intercettazioni e pedinamenti. Non ha nulla a che vedere con l’inchiesta «Alto Piemonte», che riguardava le infiltrazioni delle ‘ndrine nel complesso sistema dell’indotto economico calcistico, e che coinvolge criminalità organizzata e strani suicidi, ma ne è diretta conseguenza.

Proprio a seguito di quell’inchiesta i rapporti tra il club bianconero e i suoi tifosi si sono irrigiditi, e la società ha deciso di denunciare le vessazioni cui era sottoposta. Se le accuse vanno dall’associazione a delinquere all’estorsione aggravata, dall’autoriciclaggio alla violenza privata, e per poco non è stato tirato in ballo il 416bis dell’associazione mafiosa, come ha spiegato in conferenza stampa il procuratore aggiunto, i reati riguardano per lo più la rivendita sottobanco di biglietti, l’ottenere materiale ufficiale della squadra, gli inviti alle feste della società, i buoni consumazione al bar all’interno dello stadio.

All’interno delle 112 pagine dell’ordinanza sono infatti contestati fatti certamente riprovevoli, come alcuni episodi di violenza, ma abbastanza lontani dalle logiche di controllo mafioso del processo economico che regola il sistema.

Si parla infatti di sciopero del tifo, cori e striscioni offensivi, o addirittura della mancata partecipazione alla presentazione di Cristiano Ronaldo il luglio 2018 a Villar Perosa. Detto che tutti si sono affrettati a sottolineare come la denuncia sia partita dalla società, nella stessa ordinanza si legge come i vantaggi erano ottenuti a volte da ricevitorie compiacenti, altre grazie allo stesso denunciante (il club bianconero ndr.) «perché loro (gli ultras ndr) sono capaci di creare problemi alla squadra». Detto anche che tra i dodici sottoposti a misure cautelari figurano noti capi ultras già condannati per omicidio, legami con le ‘ndrine, e che tutti appartengono alla galassia del neofascismo, si può tranquillamente dire che questa serie di arresti ha l’effetto di liberare la società da antichi rapporti non più interessanti da mantenere, causa la precedente inchiesta.

Ogni tanto servono la catarsi e la purificazione. Altre volte invece, come nel caso dell’Inter che settimana scorsa appoggia il delirante comunicato della Curva Nord in cui si spiegava al neo acquisto Lukaku che i buu razzisti sono un gesto di rispetto. O Come l’Hellas Verona che solo ieri giustificava i cori razzisti dei suoi tifosi nei confronti di Kessie come «inevitabili», le società difendono le azioni più ignobili di un certo tipo di cosiddetti ultras amici. Salvo poi prenderne le distanze quando non servono più.