Carla Ruocco, combattiva 5S, è definitiva e brutale: «Sulle autonomie abbiamo i numeri dalla nostra. La Lega se ne farà una ragione». La giornata si apre così e si sa che il buon giorno si vede dal mattino. Per il Carroccio, su quel fronte, è una pessima giornata. Tutto bloccato. Di chiudere prima della pausa estiva non se ne parla. Ci potrebbe essere una pre-intesa, ma solo in teoria perché nel merito la distanza è abissale. «Il nostro è un sì all’autonomia accompagnato da un sì altrettanto forte all’equità», chiosa nel pomeriggio una nota a cinque stelle.

NEL TARDO POMERIGGIO la ministra per gli Affari regionali Stefàni, il collega della Cultura Bonisoli e Conte si incontrano a palazzo Chigi. Sul tavolo c’è la gestione dei Beni culturali e già lì l’accordo latita. Ma sul vero nodo, il Fondo di perequazione, le posizioni sono opposte. I 5S accettano la richiesta leghista di lasciare alle Regioni gli eventuali risparmi sulle somme che lo Stato avrebbe adoperato per quella Regione e che ora saranno gestiti direttamente dall’amministrazione locale. Ma sull’extragettito, cioè i fondi generati dal territorio, i pentastellati e Tria sono tassativi: quei soldi devono arrivare allo Stato centrale e essere adoperati per il Fondo di perequazione da usare a sostegno delle Regioni più svantaggiate e non solo di quelle che hanno prodotto il gettito. Muro contro muro.
«Ci sono regioni che dicono: “Comunque vadano le cose il mio target non si tocca”. Ma questo non può essere garantito a tutte le regioni, del nord o del sud, e quindi non si può fare», affonda la lama la ministra per il Sud Lezzi. Salvini, fedele alla linea di condotta che ha deciso di adottare dall’inizio del braccio di ferro non interviene. Lascia che a farlo siano i governatori direttamente interessati. Quello della Lombardia, Fontana, è durissimo: «Ho letto alcuni stralci di quella che dovrebbe essere la proposta del governo: fanno rabbrividire. Quella di Di Maio è l’ennesima presa in giro. Siamo alla deadline: entro la settimana questa storia deve finire in un senso o nell’altro».
IMPROBABILE CHE LA DATA indicata dal governatore lombardo sia rispettata. Le audizioni del ministro Tria e di quello dell’Istruzione Bussetti, già rinviate, sono slittate ancora. Senza accordo meglio il silenzio.

IN FORSE DEL RESTO È ANCHE la riforma della giustizia che dovrebbe arrivare proprio oggi in cdm. Ieri il pre-cdm ha cercato di limare un testo accettato da tutti ma la Lega non ha ancora sciolto la riserva. La linea della discordia, su tutto, non passa solo per pur rilevanti dissensi di merito. C’è anche una scelta politica precisa dei 5S: quella di “vendicare” la ferita subìta con il sì alla Tav. Il blocco è dunque a tutto campo. Non riguarda solo le autonomie ma anche la Flat Tax, nodo che arriverà al pettine solo in settembre. Ma la posizione dei 5S è già chiara ed è ben diversa da quella precedente alla lacerazione Tav. «Per me la Flat Tax si può fare. Se la Lega trova 30 miliardi», taglia corto Di Maio e farebbe prima a dire che non si può fare.

È possibile, ma poco probabile, che il quadro migliori quando si sarà consumato fino in fondo lo psicodramma della finta mozione dell’M5S sulla Tav, che dovrebbe essere discussa e votata, dl Sicurezza permettendo, il 7 agosto. Finta non solo perché la bocciatura è certa ma anche perché, per non correre proprio nessun rischio, la mozione impegna non il governo ma il Parlamento. Anche se passasse sarebbe carta straccia. Lo scopo dei 5S, ma in realtà di tutti, è puramente propagandistico. Ieri, per tutta la giornata, Di Maio ha ripetuto che «se si combattesse ad armi pari l’M5S riuscirebbe a fermare l’opera». Non che la frase abbia senso compiuto ma serve a denunciare «l’alleanza tra destra e sinistra, tra Lega e Pd, contro di noi».

Il Pd ieri ha presentato la sua mozione, Fi lo farà presto: identico obiettivo, quello di dimostrare che la maggioranza non c’è più. LeU presenterà una mozione simile a quella anti tav che in marzo fu bocciata dagli stessi 5S. La Lega invece è orientata a non mettere ai voti un suo testo, proprio per parare il colpo propagandistico dell’«alleanza Lega-Pd». È la politica nell’epoca dei social e non è un granché.