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Autocoscienza e relazione, così le donne guadagnano forza

Autocoscienza e relazione, così le donne guadagnano forza – Reuters

Paestum 2013 Nel mondo accadono cose così sproporzionate che il senso di impotenza ci lascia disarmate. Di fronte a tragedie come Lampedusa o a leggi securitarie pensate per difendere il corpo delle […]

Pubblicato circa 11 anni faEdizione del 15 ottobre 2013

Nel mondo accadono cose così sproporzionate che il senso di impotenza ci lascia disarmate. Di fronte a tragedie come Lampedusa o a leggi securitarie pensate per difendere il corpo delle donne senza tener conto del loro sapere, la politica istituzionale ci lascia sconcertate. Per affrontare il senso di angoscia e disorientamento si scrivono appelli, ci si indigna, si raccolgono firme, si manifesta in piazza. Tutto per placare l’ansia e il senso di colpa, facendo leva sul sacrosanto senso di giustizia. È il momento di riconoscere che queste pratiche non hanno efficacia, sanano solo la nostra angoscia.
Vogliamo uscire dal teatro in cui questa politica ci incastra. La democrazia sta perdendo ogni credibilità. Vogliamo trovare il coraggio di tenerci la fame di giustizia, la rabbia che si rinnova a ogni urgenza, vogliamo rimanere nel vuoto di risposte immediate, senza risparmiarci le domande radicali sull’efficacia delle pratiche politiche.
È proprio sulla questione dell’efficacia delle pratiche femministe che punta il dito Luisa Betti nel suo articolo “Femminismo, la sfida giovane” (il manifesto, 8 ottobre 2013). L’obiezione tocca un punto cruciale: il femminismo radicale risolve i problemi sociali di donne e uomini?
Luisa Betti mette al centro del discorso la scissione fra consapevolezza e capacità di trasformare, fra esperienza femminile e sua traducibilità nello scambio sociale, fra «pensare» e «fare», fra «dentro» e «fuori».
La questione è emersa con forza a Paestum, nell’incontro nazionale delle femministe, in cui alcune hanno chiesto che l’assemblea si pronunciasse sul pacchetto sicurezza, che vede la donna come «soggetto debole», non in grado di decidere e che, secondo la presidente della commissione giustizia, «deve essere difesa anche da se stessa». Altre avrebbero voluto che l’assemblea esprimesse pubblicamente la solidarietà alla sindaca di Lampedusa e alla sua popolazione, oltre che agli immigrati vittime di politiche insensate.
Come dice Luisa Betti, si tratta di questioni scontate. Siamo tutte con la coraggiosa sindaca che racconta le politiche disumane, e molte scrivono con intelligenza mettendo in discussione il pacchetto sicurezza.
Noi diciamo che non vogliamo più essere “democratiche”, “altruiste”, “solidali”, “buone”. Le prese di posizione solidaristiche o scandalizzate non ci bastano. Vogliamo un cambiamento di civiltà profondo, possibile solo con la consapevolezza e la pratica di relazione. L’autocoscienza non regala soluzioni, è una messa in discussione continua, che ha permesso alle donne di guadagnare una forza imprevista. Il femminismo radicale ha trasformato la società attraverso le relazioni tra donne e la presa di coscienza in prima persona. Il femminicidio per esempio, l’uccisione delle donne a causa del loro essere donne, è al centro del dibattito politico e, grazie al femminismo, alcuni uomini hanno capito che è un problema loro, legato alla soggettività e sessualità maschile.
Il femminismo radicale non punta alla rivendicazione di diritti per le donne attraverso le istituzioni del potere maschile, punta a cambiare l’ordine sociale e simbolico maschile attraverso la presa di coscienza delle donne e la scommessa su relazioni e mediazioni femminili: libertà come fine dell’agire politico, interrogazione radicale sul come – prima che sul cosa – della politica.
Le risposte più immediate sono anche le più scontate, e fanno parte degli strumenti politici che tradizionalmente sono a nostra disposizione. Forse è ora di rimanere nell’angoscia e nella rabbia, avendo fiducia che le pratiche politiche femministe della consapevolezza e della relazione sono efficaci e producono cambiamenti profondi.
Lo possiamo fare perché sappiamo che è possibile anche la gioia. Da Paestum ognuna di noi porta a casa la consapevolezza di una forza femminile che è la base di ogni cambiamento radicale. Una forza data dalla genealogie e dalle relazioni tra donne, da pratiche che non fanno concessioni al potere.
«Perché ora so di una straordinaria forza» cantava Stefania Tarantino (Ardesia music band – ardesiaband.it) a Paestum, in una canzone ispirata alle “Tre Ghinee” di Virginia Woolf. Questo è capitato a Paestum e lo portiamo ovunque andiamo. Da qui non si torna indietro.

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