Ancora morti in Siria. Almeno sette persone sono rimaste uccise ieri e altre quindici risultano ferite per l’esplosione di un’autobomba, in un quartiere a sud di Damasco. Per l’Osservatorio siriano dei diritti dell’uomo, l’organizzazione con sede a Londra vicina ai ribelli, l’attentato si è ferificato nel quartiere di Tadamon, a sud di Damasco, e l’ordigno ha danneggiato alcuni edifici. La tv di stato siriana ha parlato di «una terribile esplosione che ha causato morti» e ha dato notizia di «molti feriti in condizioni critiche», attribuendo l’esplosione ai «terroristi», ovvero ai ribelli islamici.
I gruppi armati – ha detto il presidente Bashar al Assad durante un’intervista alla televisione pubblica cinese Cctv – hanno come obiettivo anche quello di creare confusione, sia all’interno che con gli osservatori stranieri: «Sappiamo che questi terroristi obbediscono agli ordini di altri paesi – ha detto Assad – e che quei paesi spingono i terroristi a commettere attentati per incolpare il governo siriano e ostacolare questo accordo», ha aggiunto riferendosi all’accordo sulla consegna e la distruzione delle armi chimiche che potrebbe essere adottato dal Consiglio di sicurezza dell’Onu. Assad ha anche sostenuto che, secondo sue informazioni, «alcuni membri dell’opposizione siriana stanno usando l’equipaggiamento delle Nazioni unite per provocare incidenti sulle alture del Golan».
Intanto, diverse fonti parlano di uno scontro armato senza quartiere tra i ribelli per la rappresentanza, in caso di accordo diplomatico. Ieri le milizie del Fronte al Nusra, legate ad al Qaeda, hanno attaccato un autobus sulla via tra Aleppo e Adlib, nella località di Zorbeh e hanno sequestrato i 40 passeggeri, in maggioranza donne e bambini. Il quotidiano spagnolo El periodico ha anche annunciato il rapimento di un suo giornalista, il quarantaseienne Marc Marginedas, nelle mani di un gruppo di ribelli dal 4 settembre, l’ultimo giorno in cui ha chiamato in redazione. Sul suo sito web, il giornale ha riferito che, secondo diverse fonti, Marginedas viaggiava in macchina insieme all’autista quando è stato fermato a un posto di blocco da un gruppo di ribelli nei pressi della città di Homs, nell’ovest della Siria. Da quel momento, si sono perse le tracce dell’esperto corrispondente di guerra, entrato in Siria il 1 settembre scorso passando dal sud della Turchia e scortato dai soldati dell’esercito libero siriano (Els). Obiettivo del suo viaggio – riferisce El Periodico – era quello di «informare sui preparativi siriani per affrontare un intervento militare internazionale che in quel momento era ritenuto molto vicino e per indagare sull’attacco chimico avvenuto il 21 agosto scorso alle porte di Damasco». Marginedas ha inviato il suo ultimo articolo il 2 settembre dalla località di Qasr Ibn Wardan, nei pressi di Homs, nel quale raccontava dei preparativi dei ribelli nella prospettiva di un attacco imminente da parte dei paesi occidentali.
E nella città cristiana di Maalula – dove si parla ancora l’aramaico, e dove le truppe dell’esercito regolare tentano da giorni di arginare l’avanzata dei ribelli siriani, diverse decine di persone – suore e orfani – sono intrappolati in un convento, a rischio della vita e privi di risorse.