Autobiografia western sotto forma di epopea familiare in stile The Big Country, torna in libreria a quindici anni dalla prima edizione italiana (Ponte alle Grazie, 2004) La regina delle greggi di Thomas Savage, traduzione di Stefano Beretta, Neri Pozza, pp. 252, e17,00) romanzo uscito nel 1977 con il titolo I Heard My Sister Speak My Name. Protagonista è una donna indomita tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, Emma Russell Sweringen, che da ragazza ha abbandonato la famiglia in Mississipi e si è stabilita tra le montagne dell’Ovest.
Da un dono di due pecore – fattole per scherzo da suo marito allevatore di bovini convinto che la loro terra sia del tutto inadatta all’allevamento ovino – mette in piedi in pochi anni un impero che la trasforma nella più grande allevatrice dell’Idaho. Emma ha molti bambini, e non tutti sono figli dello stesso padre.

Uno scrittore (tale Burton, nipote della Regina delle Greggi e alter ego dello stesso Savage) ricostruisce i passaggi della sua storia familiare come se fosse un’inchiesta, al fine di farne riemergere i lati in ombra e ottenere le risposte che non ha mai avuto. La sua voce ha la cadenza del narratore fuori campo di certo cinema western: un tono piano, eminentemente narrativo, che evita di indugiare in psicologismi persino quando prova a tratteggiare con pochi dettagli le caratteristiche dei vari personaggi; e tuttavia quella stessa voce si incrina in alcuni snodi cruciali, cedendo a qualche nota acuta, di pathos della frontiera.