Nella primavera di quest’anno Edizioni Nero ha pubblicato Auto-Tune Theory, libro che disegna una visione rivoluzionaria della musica pop contemporanea. L’autore, Kit Mackintosh, un giovane di 27 anni con l’assertività e l’entusiasmo di chi non ha ancora visto invecchiare il genere musicale che ama, sfida le ormai scadute prospettive sociologiche sulla musica degli anni Duemila, svelando uno scenario liberato dalla dipendenza della cultura pop dal proprio passato. Nel cuore di questa visione musicale regna l’Auto-Tune, strumento centrale nella definizione di un panorama sonoro e culturale completamente nuovo. Tanto nuovo da innescare un confronto generazionale simile a quelli scaturiti da altri movimenti musicali nella storia della musica.

La prefazione al libro è di Simon Reynolds, osservatore e (de)scrittore del contemporaneo, di 60 anni, che alla dipendenza della cultura contemporanea dal proprio passato ha dedicato uno dei suoi libri, Retromania (Minimum Fax). Reynolds fa notare che Auto-Tune Theory si concentra sull’innovativa cultura urbana dei giovani afroamericani, la quale, attraversando l’Atlantico, ha plasmato una teoria musicale centrata sull’Auto-Tune, causa di un cambiamento della cultura pop occidentale.

L’autore, Mackintosh, proviene dalla cultura black british del sud di Londra e ha abbracciato la funzione dei social media e dei forum come principale fonte di informazione musicale, discostandosi dalle tradizionali fonti rappresentate dagli esperti musicali e dai media di settore, riflettendo in questo la natura evolutiva dell’informazione nella società delle piattaforme. Il libro non contiene una teoria accademica, ma fotografie sensoriali spruzzate di sciroppo viola, il purple drank, un mix di codeina e sciroppo viola che nel futuro aggiornato dell’«autotune culture» ha preso il posto delle droghe dal fascino scaduto. Cocaina ed eroina, infatti, da anni frequentano non solo l’arte e la creatività, ma anche lo sport, la politica, l’imprenditoria e il lavoro in fabbrica in una normalizzazione che mal si sposa col bisogno delle nuove generazioni di discontinuità rispetto alle precedenti. Nuovo suono, quindi, nuova droga.

IN ORIGINE

L’Auto-Tune, inizialmente progettato per correggere le imperfezioni vocali, si è trasformato in uno strumento creativo iconico, plasmando un mondo sonoro con musica per un futuro aggiornato. Grazie all’Auto-Tune la voce diventa manipolabile oltre l’umano, come il suono di uno strumento musicale. Questa manipolazione della voce, scaturita dal fraintendimento dell’uso dell’Auto-Tune, conferma come la tecnologia nelle mani delle nuove generazioni modifichi la natura stessa dell’arte musicale. Una delle musiche che compongono l’arcipelago della cultura autotune è la trap, un audio mondo nel quale il futuro è quello di un film di fantascienza che racconta di una software house (la Antares in questo caso) che inventa un software e cambia per sempre la storia della musica. Questo futuro è accaduto nel nostro presente, la trap ha cambiato il corso della musica pop portando gli hater dell’Auto-Tune ad innescare un forte dibattito.

Un dibattito simile a quello creato dall’apparizione delle chitarre distorte che a metà del secolo scorso facevano nascere la musica rock. Simile a quello che ha accolto l’arrivo del cinema che all’inizio del Novecento dava il colpo di grazia al malandato melodramma e metteva in crisi i teatri riempiendo le città con la sua petulanza luminosa e i grandi manifesti (G. Papini, La filosofia del cinematografo). Un dibattito nel quale perfino Pirandello difendeva gli attori di teatro, in quanto veri.

A cento anni di distanza dagli attori veri di Pirandello, in Italia, in un dibattito che ospita chiunque come quello degli allenatori da bar durante i mondiali di calcio, la musica vera è contrapposta alla trap. Quest’ultima si è trasformata in terreno di acceso dibattito generazionale e culturale, spesso è usata come simbolo del declino della musica. Tuttavia, nel contesto di questo dibattito, non si tiene conto del pop più rassicurante che ci insegue dalle radio. Quello caratterizzato da pezzi dance interpretati da voci femminili relegate al ruolo di cubiste disegnate sulle fantasie patriarcali più tradizionali e da giovani cantanti plasmati dalle mega produzioni televisive secondo l’immagine del nipotino ideale.

REALISMO

Ciò che risulta evidente è che la trap non potrebbe essere l’unico responsabile del presunto o reale declino musicale e valoriale. I trapper semplicemente riflettono il mondo contemporaneo così com’è, non come vorrebbero che fosse. I loro testi portano il realismo piuttosto che l’idealismo, mettendo in rima l’amore sessista (come fa gran parte del rock) non quello stilnovista del pop rassicurante e immune dalle istanze del contemporaneo. La trap fa tabula rasa del suono e della scrittura musicale del passato e diventa inevitabilmente non metabolizzabile per un sistema culturale e valoriale che ha una relazione di dipendenza con il proprio passato (la «retromania» di cui ha scritto Simon Reynolds).

Così, in Italia la trap finisce per essere il campo di battaglia generazionale e usata, in una perniciosa sineddoche, come la parte che rappresenta tutto il decadimento della musica, quella vera. La trap, nata nelle mega city degli Stati Uniti, è giunta alle periferie italiane, emergendo dalle falle di un sistema malandato.

I trapper non sono prodotti negli uffici delle major discografiche o dagli autori televisivi dell’Ancien Régime, ma sono emersi spontaneamente dalle strade. Cresciuti sulle panchine dei quartieri, indossando scarpe di gomma hanno iniziato a esplorare le possibilità dell’Auto-Tune negli studi di registrazione. Giocando con i ritmi della batteria elettronica Roland 808, anch’essa fraintesa rispetto al suo utilizzo in successi pop di artisti come Whitney Houston, Run DMC e Marvin Gaye, la trap è diventata il suono identitario di una generazione. Un suono che evoca il presente aggiornato provocando disagio tra coloro che si erano accomodati su un futuro rassicurante promesso da una società impegnata a fare i conti col proprio passato piuttosto che a guardare avanti.

La trap ha aperto una finestra sul mondo delle macchine di Matrix. Ha portato il futuro nella musica pop provocando un effetto simile alla reazione che proviamo quando riceviamo una brutta notizia e non vogliamo crederci. La notizia è che il futuro è cambiato.

Il daccapo che narra di un’epoca musicale passata come superiore all’attuale è una costante nella storia musicale. Questa dinamica riflette il cigolio della frizione tra le culture delle vecchie e nuove generazioni. Fra chi percepisce il presente come anticipo del futuro e chi lo percepisce come ricordo del passato. In una società come quella italiana, caratterizzata dall’inerzia e dalla costante rimozione del reale, intrappolata in un’eterna pubertà in cui ci si considera giovani e figli fino ai quarant’anni, questa conflittualità generazionale naturale aumenta di complessità e viene costantemente minimizzata, anche con attacchi all’Auto-Tune e negando passaggi radio alla trap. Esistono brani trap con oltre cento milioni di ascolti su Spotify, autentici successi nel panorama pop che, tuttavia, non hanno mai trovato spazio nelle programmazioni delle radio nazionali. Queste canzoni incarnano l’essenza della generazione attuale e la loro negazione riflette la disputa fra apocalittici e integrati in chiave passato futuro.

MONDO SPOTIFY

Negli ultimi dieci anni, Sfera Ebbasta è stato l’artista più ascoltato in Italia su Spotify, mentre Madame ha ottenuto il primato tra le artiste italiane. Anche nel 2021 e nel 2022 Sfera Ebbasta è stato l’artista più ascoltato in Italia. Quando si menzionano gli ascolti Spotify, ci si riferisce non ai passaggi radio, che vengono fruiti passivamente e influenzati dalle scelte di un direttore artistico, ma al gesto attivo di cercare e ascoltare musica, pagando un abbonamento. Taxi Driver di Rkomi è il disco più venduto nel 2021, Persona di Marracash quello nel 2020, Rockstar di Sfera Ebbasta il più venduto nel 2018. Tutti album bagnati di cultura autotune.

Nonostante l’innegabilità del fenomeno trap, le radio italiane scelgono di trasmettere una colonna sonora più rassicurante per gli italiani che ascoltano da casa, mentre milioni di giovani sulle piattaforme fanno miliardi di ascolti di brani trap. I giovani abitano Spotify (parafrasando Franco Ferrarotti), è qui che la musica prende vita, perché i play della trap si traducono in biglietti per concerti e merchandising che va a ruba.

Ulteriore esempio della discrepanza fra la colonna sonora del presente generata dalle radio e quella reale ascoltata sulle piattaforme è Lazza. Arrivato a Sanremo sconosciuto agli over 30, ma con in tasca l’album più venduto e il tour più potente in Italia del 2022. Una star nata nella cultura autotune degli under 30, ma assente nella proiezione della musica che gli adulti dell’establishment creano per rassicurarsi che stia andando tutto bene e che l’Italia è ancora quella del Cornetto in spiaggia, della Vespa e la musica è sempre quella di una volta.

La musica non è più quella di una volta e la trap, che ha dato nuova vita alla discografia italiana e ha cambiato l’aria nelle classifiche di vendita (l’età media degli artisti italiani nella top 10 di Spotify è scesa del 35% negli ultimi anni) è oggetto di disprezzo da parte di esperti e non di musica, politici, genitori e intellettuali, proprio a causa del presente senza filtro e della fine del passato del quale è narrazione scabrosa.

Tale disprezzo trova terreno fertile soprattutto nei media tradizionali, non frequentati dall’ultima generazione che invece si nutre delle fonti mediatiche contemporanee (quelle stesse nelle quali l’autore di Auto-Tune Theory, Kit Mackintosh, si è formato).

IL DIBATTITO

È attraverso i profili social dei trapper stessi che l’ultima generazione segue la musica, trapper che un cantante in un post Instagram ha definito semidei, contribuendo ad alimentare il dibattito da bar sull’Auto-Tune. Il cantante autore del post estivo è Samuele Bersani, 53 anni di età, mentre il semidio preso di mira è Sfera Ebbasta, che ha 31 anni: «Mi hanno girato un video dove a uno di questi semidei contemporanei della rima “cantata” si stacca l’Auto-Tune… ed è stato come vedere Icaro colare a picco. Hai voglia a sbattere le ali di cera…».

Il post fa riferimento a un concerto di Sfera Ebbasta, durante il quale l’Auto-Tune è uscito fuori scala per un errore tecnico, creando un momento di pura cacofonia. Nulla che non sia successo innumerevoli volte lungo la storia della musica con altre apparecchiature tecnologiche, ma abbastanza per ringalluzzire la crociata contro con l’Auto-Tune ancora considerato come un semplice correttore di intonazione e non un nuovo strumento musicale tipico della trap.

Paolo Meneguzzi, cantante di 46 anni da tempo senza successo, in scia a Bersani, invoca addirittura il belcanto di quando l’Italia non era ancora unita: usare l’Auto-Tune per intonarsi è una truffa e un oltraggio all’arte del canto. Cantare è arte, il bel canto è arte. Chiede anche l’intervento della politica per silenziare la trap e il rap. I commenti sui social sono stati sostanzialmente un face palm più o meno composto, Bersani è sembrato l’anziano ipovedente con in mano il telefono dai tasti giganti. Non è solamente la componente generazionale a sfidare l’ordine culturale Italiano. L’emergere di trapper dalla strada e non dalle major discografiche, avvisa che il cambiamento può avvenire in modi non previsti dal sistema. Il futuro della musica può essere alterato da chi vive ai margini, come i trapper afroamericani negli Stati Uniti che innescano un movimento sovranazionale identitario per i giovani di tutto il mondo. La trap è una musica elettronica, una versione accelerazionista del rap che scorre nel continuum dell’hip hop. Una musica nera che in Italia ha avuto Maruego (italo-marocchino) e Ghali (italiano di genitori tunisini) fra i suoi pionieri.

La trap italiana rimane di matrice culturale black, matrice che non trova nessuno spazio nel panorama culturale italiano, diventando quindi ulteriore elemento di difficile metabolizzazione, oltre a quello generazionale. Oltre al post di Samuele Bersani l’estate appena passata ha palesato un altro sintomo della crociata anti «autotune culture».

Il concerto di Travis Scott, trentaduenne texano, ha fatto tremare Roma non solo a causa del pubblico che ballava e cantava la sua musica come un corpo unico, ma perché è stato il primo artista afroamericano a esibirsi nel Circo Massimo, il primo trapper nelle rovine dell’Italia. Un’anomalia rispetto all’usuale parata di rock bianco tradizionale e approvato dagli adulti che ha attraversato Roma. Dal frastuono tellurico del futuro atterrato al Circo Massimo, è sbucato un giovane afroamericano sintomo del presente dell’ultima generazione, del futuro che gli adulti non si aspettavano.

Il concerto di Travis Scott ha scosso il cuore della Roma antica, mettendo a rischio quell’illusione di fine della storia della musica da cui scaturisce l’impulso a rimpiangere un passato ormai finito: la musica vera. Il suo show ha creato allarme perché ha slatentizzato lo scontro generazionale fra vecchie e nuove generazioni e quello culturale fra cultura bianca e cultura nera negati in Italia. Grazie a uno squarcio di realismo contemporaneo, nelle macerie romane del tempo che fu, lo stesso luogo che senza scossoni aveva ospitato il rock bianco di Måneskin, Guns N’ Roses, Rolling Stones, Springsteen e altro pop premasticato per non disturbare le orecchie che cercano una fuga dal rumore del contemporaneo, è stato messo in discussione come non più adatto ai concerti.

Il giorno seguente al live della trap star Travis Scott le rovine del Circo Massimo diventano inadeguate ai concerti che richiamano ragazzi uniti in una cultura realista, sovranazionale, generazionale che fa tremare la Roma antica. Il rock bianco evidentemente si intona meglio col bianco delle rovine dell’Italia antica.

QUALE FUTURO

L’Auto-Tune è il rumore del divario tra generazioni. La trap con il suo realismo è il suono di un futuro musicale che spegne la retromania. Invece di dibattere su quando l’Auto-Tune rappresenti la fine della musica vera, del passato, la sfida che esso rappresenta dovrebbe spingere a riflettere su quale tipo di futuro le generazioni più anziane stiano costruendo per quelle più giovani. Sulle dinamiche di potere culturale che in Italia, attraverso la delegittimazione delle culture giovanili, silenziano qualsiasi sintomo di realismo, anche quello della musica dei pischelli che ormai condividono le loro diagnosi psichiatriche sui social, normalizzando una difficoltà psicologica a livello mondiale già segnalata dal World Economic Forum nel 2021.

Quando gli ultimi prendono il microfono quello che dicono può non piacerci. Le aspirazioni di tanti giovani non includono l’equità salariale, ma si concentrano su simboli di status come indossare due Rolex (vedi la celebre apparizione di Sfera Ebbasta al Primo Maggio 2018). Che sia un qualche ministro dell’assurdo a criticare i giovani e la loro musica non sorprende. Colpisce, invece, la sistematica e corale condanna di una diffusissima cultura giovanile come quella che accompagna la trap, la musica più ascoltata in Italia da chi abita la musica.

La negazione dello status di giovane passa anche da qui, dai cantautori dell’autotune accusati della fine della musica, mentre in realtà delineano un futuro diverso da quello previsto. Cantano dalle strade quello che vedono per le strade. Larga parte dell’ultima generazione italiana ha a che fare con un sistema i cui valori sono stati nutriti dai loro genitori, che corrono a biasimarli perché li ascoltano restituiti senza filtro dai trapper. Le periferie fisiche o culturali sono ascoltate solo quando esprimono messaggi graditi al sistema, come se quello che scrivono e cantano non fosse il risultato della cultura del capitalismo perpetrata dalle vecchie generazioni.

Crescente frammentazione sociale, aumento della disoccupazione, cambiamento climatico, guerra, disillusione giovanile e una realtà che raccontata dai media sembra Netflix non possono che ispirare musiche giovanili realiste incomprensibili per gli adulti, come incomprensibile è il futuro che gli adulti stanno lasciando ai giovani. Vi hanno detto che il futuro è finito, mentivano.