Il numero di auto elettriche e ibride-elettriche vendute a febbraio in Italia è stato superiore al numero di auto a benzina. È il sorpasso tanto atteso dai fautori della mobilità elettrica. La somma delle auto elettriche (3.457), delle ibride (41.582) e delle ibride plug-in (4.913), in tutto 49.952, supera le vendite delle auto a benzina (47.294) e delle diesel (36.027): la quota di mercato delle elettriche in febbraio ha raggiunto il 34,6%, contro il 32,8 delle benzina e il 25% delle diesel (dati Unrae). Nel crollo generalizzato delle vendite del mercato automobilistico (-14% nel 2020 rispetto al 2019 in Italia, addirittura -24% il dato europeo), grazie ad incentivi statali e agevolazioni fiscali, nell’annus horribilis del Covid le auto elettriche e ibride hanno triplicato la loro quota di mercato in Italia.

Aria fresca per le città attanagliate dallo smog e per un pianeta dalle risorse limitate e da decarbonizzare? La strada verso l’abbattimento delle emissioni di CO2 è percorsa da auto che abbandonano un motore termico per uno elettrico – mentre le ibride, che hanno il doppio motore, elettrico e termico, sono una tecnologia di transizione, da abbandonare al più presto. Diversi studi documentano come l’impatto ambientale di un’auto elettrica sia decisamente più favorevole rispetto ad un’auto a motore termico.

SECONDO UN’ANALISI DI RSE (il centro ricerche di GSE, Gestore Servizi Energetici) «la maggior parte della letteratura scientifica (con processo di double blind review ed impact factor) dimostra che l’auto elettrica, considerando l’intero ciclo di vita, emette meno CO2-eq rispetto ad un’auto a combustione interna simile per prestazioni e dimensioni. Queste conclusioni sono comuni sia ad un’analisi su 51 studi effettuata nel 2012, sia ad una successiva del 2014 che di studi ne contava 79, sia ad una recentissima analisi dell’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) del 2018».

ALLE STESSE CONCLUSIONI ARRIVA anche l’International Energy Agency (IEA), che nel suo Outlook 2019 sottolinea che i benefici ambientali sono maggiori nei paesi dove più alta è la percentuale di energia rinnovabile immessa in rete e usata per ricaricare le auto. «Noi in Italia siamo virtuosi in questo senso, sia perché produciamo una quota rilevante di energie rinnovabili, intorno al 35-37% e sia perché le nostre centrali termoelettriche sono alimentate in buona parte a gas, che è meno inquinante rispetto ad altri fonti fossili come carbone e petrolio» spiega Antonino Genovese, responsabile del Laboratorio sistemi e tecnologie per la mobilità e l’accumulo dell’Enea, l’ente pubblico di ricerca italiano sull’energia.

UN ALTRO STUDIO PUBBLICATO IL PRIMO MARZO 2021 da Transport&Environment mette in evidenza i vantaggi dei veicoli elettrici nel consumo di materiali: 30 kg di materie prime per produrre le batterie, per altro che si possono riciclare, contro i 17 mila litri di petrolio che un’auto media consuma nel suo ciclo di vita; complessivamente, un’auto elettrica richiede il 58% di energia in meno rispetto ad un auto con motore termico.

Eppure, soprattutto sul web, si incappa facilmente nei negazionisti della mobilità elettrica. Lo studio di RSE è andato a spulciare la cosiddetta letteratura grigia, cioè rapporti di agenzie di consulenza, relazioni di convegni, riviste divulgative, resoconti di conferenze stampa dove capita spesso che siano i motori a combustione a risultare più puliti.

Come mai? Secondo l’analisi di RSE si tratta di studi che paragonano dati non omogenei, classi di automobili diverse, svolti in paesi con mix energetico meno favorevole rispetto a quello italiano, anche se persino in uno stato come la Polonia, dove il 70% dell’energia viene prodotta con carbone e lignite, l’impatto ambientale di un veicolo elettrico è sempre inferiore di uno a benzina o diesel, se non altro perché un motore elettrico è più efficiente di uno termico. Inoltre, sono studi che giocano sulla durata dei veicoli e delle batterie: più si abbassa il chilometraggio ipotetico del ciclo di vita di un veicolo sul quale si calcolano gli impatti ambientali, più i valori vanno a svantaggio dell’auto elettrica i cui impatti si concentrano nella fase di produzione delle batterie, ma poi si diluiscono nel tempo. Oggi la durata ragionevole di un autoveicolo è di almeno 210-250mila km: se i valori di impatto ambientale si calcolano invece su 150mila km ecco che il motore elettrico rischia di perdere in partenza.

SE È VERO CHE I VEICOLI ELETTRICI AIUTANO a ridurre le emissioni – e anche il rumore – le politiche per la mobilità dovranno vigilare affinché il numero dei veicoli in circolazione non aumenti. Il paradosso di Jevons – quando aumenta l’efficienza di una risorsa, inevitabilmente aumenta il consumo di quella risorsa – è sempre in agguato. C’è il rischio che la diffusione dell’auto elettrica aumenti il traffico dei veicoli, persino in un paese come il nostro dove ci sono più automobili che patenti?

«Direi di no: la mobilità del futuro sarà a emissioni zero, ma soprattutto sarà meno auto-centrica, cioè sempre meno basata sull’automobile che sarà sempre meno un oggetto di proprietà e sempre più un servizio condiviso – dice Andrea Poggio, responsabile mobilità sostenibile di Legambiente – in Italia le automobili le usiamo poco e male, rimangono inutilizzate per il 95% del tempo, e questa è una distorsione provocata dalla politica della mobilità: la proprietà dell’auto costa poco, ma costa moltissimo muoversi. Con il risultato che gli italiani, pur avendo una marea di automobili, si muovono relativamente poco. Mentre la mobilità è un valore».

Anche l’Osservatorio per la sharing mobility (mobilità condivisa), istituito dai ministeri dei Trasporti e dell’Ambiente con la Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, nei suoi scenari prevede che, senza una robusta percentuale di mobilità condivisa, guidare auto elettriche di per sé non sarà sufficiente a ridurre le emissioni in linea con l’Accordo di Parigi. Certo, occorrerà mettersi alle spalle la crisi Covid per tornare a ragionare sulle politiche del trasporto pubblico.

NEL LABORATORIO ENEA DOVE SI SPERIMENTANO batterie e si studiano i flussi della mobilità la visione è la stessa: «Va bene incrementare l’efficienza delle auto e delle batterie, ma noi valutiamo anche un altro indicatore che spesso viene ignorato: il tempo perso nel traffico – ci dice Genovese – il veicolo personale non dovrebbe esistere. Per fortuna le rilevazioni ci dicono che le nuove generazioni sono sempre meno attratte dal possesso dell’auto».

«Purtroppo la politica non l’ha ancora capito, fa la guerra alla mobilità condivisa e la mette sullo stesso piano della mobilità privata: l’Iva sulle auto del car sharing è al 22% come per le auto private», osserva Poggio, che non condivide la modalità con la quale sono state applicati l’eco-bonus e l’eco-tassa. «Il governo ha scelto di tassare solo i veicoli fortemente inquinanti, oltre i 160g/km di CO2 e di dare un premio sostenuto di 4-6 mila euro per le auto elettriche e ibride – spiega Poggio – invece la Francia ha fatto una scelta diversa, e cioè ha tassato in modo crescente quasi tutte le auto, a partire dai 110g/km di CO2 e ha dato incentivi minori, 3mila euro, a ibride ed elettriche. Il risultato è che la media del parco auto vendute in Francia è ora di 96 g/km di CO2, in linea con gli obiettivi europei, mentre in Italia siamo ancora a 110 g/km. E in generale in Francia si stanno vendendo molte più auto elettriche che in Italia, malgrado l’eco-bonus sia inferiore».