Le ruspe militari ieri sono arrivate alle prime luci del giorno nella piccola comunità di Humsa Al Bqaia, nel nord della Valle del Giordano. In pochi minuti hanno abbattuto tende e strutture in lamiera lasciando diverse famiglie palestinesi senza un riparo. Un gruppo di attivisti si è dato da fare per rimettere in piedi quanto era stato distrutto. È stato inutile. Poco dopo le autorità israeliane ha fatto eseguire un nuovo sgombero. A Humsa Al Bqaia i bulldozer hanno già distrutto 122 strutture e lo stesso accade in altri villaggi e comunità palestinesi di questa parte della Valle del Giordano. La motivazione ufficiale è sempre la stessa: sono costruzioni abusive sorte su terre demaniali o riservate alle forze armate. Per i palestinesi il punto invece è la loro presenza, per questo da anni vengono spinti verso aree sempre più limitate. Sottolineano che gli insediamenti israeliani nella Valle del Giordano, illegali per la legge internazionale, non sono soggette alle stesse restrizioni e i coloni possono muoversi liberamente.

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Nel 2020, riporta Ocha, l’ufficio per gli affari umanitari delle Nazioni Unite, 848 case e strutture palestinesi sono state demolite o sequestrate dalle autorità israeliane, in prevalenza nella Valle del Giordano e nel sud della Cisgiordania. Se ne contano decine anche a Gerusalemme Est nei quartieri di Beit Hanina, Silwan e Sur Baher. Dall’inizio dell’anno sono già 105. Il 2016 è stato l’anno più duro con 1094 demolizioni. Dal 2009 ad oggi 7353 strutture sono state abbattute e oltre 11mila palestinesi hanno perduto l’abitazione.

I bambini sono i più colpiti da questa politica denuncia Save the Children. L’ong per l’infanzia riferisce che l’anno scorso 518 bimbi e ragazzi palestinesi e le loro famiglie hanno perso le case e i mezzi di sussistenza. Alla fine dello scorso anno l’esercito israeliano ha eseguito nella Valle del Giordano la demolizione più ampia degli ultimi anni in una sola giornata, con 73 persone rimaste senza casa. Eppure, ricorda Save the Children, le autorità israeliane si erano impegnate a fermare queste operazioni durante la pandemia, in Cisgiordania e anche a Gerusalemme Est.

Non è tutto. Tanti bambini rischiano di non avere la scuola. Save the Children rivela che ci sono 53 istituti scolastici a rischio demolizione in Cisgiordania e a Gerusalemme est e 5.250 bambini perderanno il diritto all’istruzione. Una scuola con 50 allievi di due comunità di Hebron ha ricevuto un ordine di demolizione con appena 97 ore a disposizione per fare ricorso. «Sono i bambini a pagare il prezzo più alto di tutto questo» spiega Jason Lee, direttore di Save the Children nei Territori palestinesi occupati «la demolizione di una casa, di una scuola o di altre infrastrutture fondamentali…ha un impatto devastante sul loro futuro, sulla loro salute, sulla loro sicurezza e sul loro benessere». In quanto potenza occupante, aggiunge Lee «Israele ha il dovere di proteggere i diritti dei bambini».