La telenovela politica e finanziaria di Autostrade per l’Italia ieri ha registrato una puntata con parecchi colpi di scena. Seppure la conclusione – e il tanto agognato addio dei Benetton – pare ancora lontana.
Lunedì notte era arrivata la proposta di Cassa depositi e prestiti ad Atlantia per l’acquisizione della quota in Aspi. Ieri sera è arrivata la risposta della holding ancora a maggioranza Benetton che considera l’offerta non ancora soddisfacente, ma si impegna a trattare.
Con un giorno di ritardo sul previsto arriva un via libera ad una trattativa che però rimane complessa e piena di ostacoli e avvoltoi, pronti a lucrare sui succulenti profitti garantiti che derivano dalle concessioni autostradali. Garanzie più che decennali che hanno creato furibonde polemiche politiche per la fissazione dei nuovi criteri da parte dell’Autorità sotto il controllo del ministero dei Trasporti, ora guidato da Paola De Micheli, considerata dal M5s e non solo troppo attenta agli interessi dei Benetton e di chi dovrebbe sostituirli.
«Per i Benetton non deve esserci alcun regalo miliardario – attacca Danilo Toninelli, predecessore M5s di De Micheli – nel nuovo piano economico finanziario da cui dipenderà l’ammontare dei nuovi pedaggi sui quasi 3.000 km di autostrade di qui a prossimi 5 anni. Su questo la ministra De Micheli deve fare massima chiarezza. La scorsa settimana, dal Garante dei Trasporti è arrivato un parere inequivocabile: nel Piano economico e finanziario, neanche troppo sotto traccia, ci sarebbe un surplus di guadagno finale per Atlantia di diversi miliardi. Un meccanismo che va ad incidere sui pedaggi e sui dividendi, e che di fatto fa salire il valore di Aspi di ben 4 miliardi, proprio mentre è in corso una trattativa di vendita», conclude Toninelli.
Ma ieri è stato soprattutto il giorno della valutazione dell’offerta di Cdp, insieme ai fondi esteri Blackstone e Macquarie (, per l’88% di Autostrade per l’Italia. Offerta che per il cda di Atlantia non è ancora sufficiente. I termini economici e le relative condizioni sono stati infatti giudicati dal cda della holding «non ancora conformi e idonei». Ma si è deciso comunque di concedere un’altra settimana di tempo a Cdp e ai suoi potenziali partner, per un’eventuale nuova offerta vincolante. Nessuna decisione invece sull’assemblea del 30 ottobre, che a questo punto resterebbe confermata, nonostante le espresse richieste di rinvio arrivate da Cdp e dai fondi.
La lettera di offerta preliminare messa a punto da Cdp Equity, Blackstone Group International Partners e Macquarie Infrastructure and Real Assets, deliberata lunedì dal cda di Cassa, è passata oggi sotto la lente del board della holding (il cui titolo in Borsa ha chiuso a -3,1%, prima dell’esito del cda). Il consiglio, «pur esprimendo apprezzamento» per l’elaborazione dell’offerta, ha però «valutato i termini economici e le relative condizioni allo stato non ancora conformi e idonei ad assicurare l’adeguata valorizzazione di mercato della partecipazione». Tuttavia, pur essendo scaduto (domenica) il periodo di esclusiva, il consiglio ha comunque deciso di «proseguire comunque le interlocuzioni con Cdp e i co-investitori sino al 27 ottobre». Il board si riconvocherà il giorno successivo, il 28, al fine di «valutare un’eventuale nuova offerta vincolante».
Cdp proponeva inoltre ad Atlantia di firmare un «memorandum of understanding» (un pre accordo) entro il 28 ottobre per definire in dettaglio i principali termini e condizioni dell’operazione, dopo il quale prendersi circa 10 settimane per la due diligence e finalizzare quindi l’offerta definitiva. In quest’ottica veniva quindi chiesto al cda di Atlantia il rinvio dell’assemblea del 30 ottobre per la scissione, operazione «diversa da quella prospettata». Dal cda di Atlantia, però, non è arrivato alcun rinvio. Ma, secondo quanto si apprende, se entro il 28 arrivasse da Cdp un’offerta vincolante e il consiglio la ritenesse pienamente soddisfacente, l’assemblea potrebbe a quel punto essere posticipata per il tempo necessario a definire gli accordi.
Nella vicenda ci sono poi molti avvoltoi. È chiaro che Atlantia vuole più soldi, mentre alle spalle c’è anche l’offerta del gruppo Toto e il fondo inglese Tci – che lunedì è salito al 10% – che ha già promesso battaglia in caso di offerta bassa.
D’altro lato già la cordata Cdp non garantirebbe quel controllo pubblico auspicato da gran parte della politica e dai parenti delle vittime del ponte Morandi, mentre le Fondazioni – azioniste cospicue di Cdp – hanno già fatto sapere che l’investimento in Atlantia è troppo oneroso e andrà ridotto.