Domani dalle 10,30 alle 14 nei giardini di viale Mazzini, davanti alla direzione generale della Rai, si terrà una manifestazione dalle caratteristiche un po’ inedite. A indire lo Speakers’ Corner non sono né associazioni da sempre impegnate nel settore e neppure un partito (ultimo fu il partito democratico con Elly Schlein lo scorso 7 febbraio). A benedire l’iniziativa è il sindacato dei giornalisti del servizio pubblico, innanzitutto per sollecitare l’attenzione del Media Freedom Rapid Response che -raggruppando diverse sigle- svolge una importante opera di monitoraggio sullo stato della libertà dei e nei media in Europa. Soprattutto dopo il felice Regolamento europeo (EMFA).

A parte simile intento, peraltro inserito nell’ambito di una ricognizione presso diverse istituzioni italiane, la scadenza intende voltare pagina. Il messaggio è chiaro: basta con le logiche delle consorterie e delle trasversalità divenute negli anni recenti la perversa quotidianità (dopo i partiti hanno impazzato cordate, salotti e consorterie), per aprire una vera fase di lotta.
Sì, lotta: una parola rimossa o edulcorata. Si è compreso che, di fronte all’offensiva di una destra che intende mettere le mani sulla città dell’informazione, chiacchiere compromissorie o piccoli accordi di potere non hanno più ragione di essere. Solo l’entrata in scena di una vera conflittualità è in grado di rompere l’inerzia omologante e il pensiero unico che osserviamo ogni giorno guardando il Tg1, per esempio. E non solo, naturalmente. Neppure va rimosso il colossale conflitto di interessi che anima la scena con la presenza nel governo attraverso Forza Italia delle tre reti di Mediaset. O non va dimenticato che con le sue società un parlamentare della destra fa incetta di giornali e persino della seconda agenzia di stampa nazionale.
Ecco, in tale contesto l’Usigrai accende una scintilla che potrebbe provocare un fuoco generale, rompendo l’inerzia di troppo tempo. La Rai è un boccone prelibato per l’offensiva reazionaria in corso, in vista del probabile referendum sul premierato, che Giorgia Meloni spera verosimilmente di celebrare a reti unificate.

Non solo. Indebolire sul piano strutturale il servizio pubblico magari prelude alla realizzazione di un vecchio sogno liberista, vale a dire la vendita di qualche pezzo (vedi la società degli impianti RaiWay) organizzando uno spezzatino, sull’onda di quello in corso a Tim. Altro che sovranismo digitale, evocato da qualche dichiarazione di esponenti di Palazzo Chigi. Siamo al cospetto di una cavalcata nera con intenzioni malevoli, forse suggerite da qualche gruppo privato che attende da anni l’ora X della privatizzazione. Non è un caso se il Contratto di servizio latita ed è persino ingombrante nel contesto attuale.

Ma l’Usigrai si batte per frenare pure il nuovo corso dei bavagli e delle repressioni a tanto al chilo. Da ultimo, si annovera il caso dell’apertura di un procedimento nei riguardi di Serena Bortone, rea di aver letto nella sua trasmissione il monologo che l’autore (Antonio Scurati, com’è noto) non pronunciò per una assurda censura editoriale. L’elenco di malefatte e provocazioni è lungo, se si pensa che il canale All News diretto all’inizio dal compianto Roberto Morrione è diventato un megafono del governo, con tanto di protesta del comitato di redazione e un diffuso disagio interno.

La manifestazione sarà aperta alla società civile, a protagonisti come Articolo21, NoBavaglio, MoveOn, alla Cgil, al mondo della cultura e dello spettacolo. Oltre alla Federazione della stampa e all’Ordine dei giornalisti e a numerosi Cdr, fondazioni, Ong. Una lista infinita e di qualità. La Cgil, con la Via Maestra, ha nelle sue priorità anche l’autonomia e l’indipendenza dell’infosfera.

Ce n’est qu’un debut? Forse è troppo immaginare qualcosa che si riannodi all’età del sessantotto. Tuttavia, in giro per il villaggio globale ci sono tante più cose di quanto si riesca a pensare nelle stanze dei bottoni. La Storia non è lineare, e talvolta appare dove non sembrava pensabile. Dopo Hollywood è il turno della Rai?