Atto di guerra, terrorismo, guerriglia, rischio di eversione. Volano parole forti dopo l’assalto al cantiere Tav di Chiomonte nella notte tra lunedì e martedì. Tanto da riunire d’urgenza il Comitato nazionale per la sicurezza a Torino con la presenza del ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi e del vicepremier e titolare del Viminale, Angelino Alfano: «I fatti di questa notte hanno fissato la data, non la scelta di venire qui a Torino. La questione va affrontata a livello territoriale». Il governo rafforzerà la sicurezza ai cantieri inviando più forze dell’ordine e ampliando ancora l’area di «rispetto». A tavoletta anche la ratifica del trattato con la Francia.

Torna, dunque, la tensione in Val di Susa, dove la popolazione è da vent’anni schierata contro un’opera considerata inutile, costosa e impattante. Il governo delle larghe intese di ripensamenti non ne vuole sapere e non ha intenzione di ascoltare le rimostranze: «La violenza non ci fermerà» ha detto Lupi, ribadendo indirettamente che l’unico registro per affrontare il problema è quello dell’ordine pubblico. Pare, d’altronde, che la ricetta – la solita – del governo possa essere l’invio di nuovi militari.

I fatti dell’altra notte sono stati riportati dalla Questura di Torino: alle 3.15 una trentina di persone col volto coperto e vestite di nero hanno attaccato il cantiere. «Taglio alle reti del cantiere, blocco dei varchi con funi di acciaio, lanci di razzi, bombe carta e bottiglie incendiarie», di cui una lanciata da sopra il cunicolo esplorativo che ha danneggiato un compressore. Le forze dell’ordine hanno allontanato i manifestanti con i lacrimogeni; la polizia, in seguito, ha trovato un mortaio rudimentale. Nessun ferito.

Alla mattina, si è dichiarato allarmato il procuratore capo di Torino Gian Carlo Caselli: «C’è stato un salto di qualità preoccupante: si è assistito a una vera azione di guerra. Un’azione militarmente organizzata nei dettagli, con un lancio di una quantità industriale di molotov. Non si può far finta di niente. Solo per un caso non c’è scappato il ferito o addirittura il morto. Bisogna intervenire, non può essere solo un problema della magistratura».
Coglie la palla al balzo il governatore Roberto Cota e non nei modi migliori: «Chiedo al governo di fare qualcosa. Soprattutto in vista dell’estate. I cosiddetti campeggi No Tav non possono essere autorizzati visto che diventano assembramenti paramilitari». Poi, il fiume di dichiarazioni della politica. Il presidente della Provincia di Torino Antonio Saitta: «Sono sempre più convinto che si tratti di terrorismo». Il senatore Pd, Stefano Esposito: «I violenti continuano ad attaccare il cantiere e io continuo a denunciarlo». Il sindaco Piero Fassino: «Tornano alla memoria stagioni eversive. Nessun cittadino democratico, quale che sia la sua opinione sulla Tav, può accettare il ricorso alla violenza e all’eversione».

Sandro Plano, presidente della Comunità montana, Pd e No Tav, mentre si prepara a consegnare al governo un dossier con le osservazioni sul progetto «low cost» del tunnel di base, commenta: «Condanniamo l’aggressione e il ricorso alla violenza. Ma constato – racconta a il manifesto – che questo governo con una mole di problemi, dagli esodati ai giovani senza lavoro ad altre mille criticità, si preoccupa prima di precipitarsi a Brescia a sostenere Berlusconi e poi a Torino a sostenere un’opera assolutamente non prioritaria». Per Paolo Ferrero, Prc, «a buttare benzina sul fuoco, gridando al terrorismo, sono i rappresentanti del governo». Sel «condanna la violenza ma chiede di riflettere sull’opportunità dell’opera».

Nonostante Ltf (Lyon Turin Ferroviaire) abbia detto di voler sospendere a Bussoleno, per ragioni di sicurezza («incursione di carattere quasi terroristico»), l’incontro tra tecnici e cittadini espropriati, il movimento No Tav sarà stamattina in presidio per ragionare insieme ai proprietari su come difendere la propria terra.