Il Venezuela è pronto ad accogliere Edward Snowden. E poco prima anche il presidente del Nicaragua, Daniel Ortega, ha affermato di essere disposto a riceverlo con molto piacereC. Il presidente della Repubblica bolivariana, Nicolas Maduro, lo ha dichiarato venerdì sera durante le celebrazioni per i 202 anni della Dichiarazione di indipendenza del paese, il 5 luglio del 1811. Lo stesso giorno di 4 mesi fa è morto il suo predecessore, Hugo Chávez, stroncato da un tumore che in molti, a Caracas e non solo, sospettano sia stato «inoculato» dalla lunga mano della Cia. E così, nella gremita passeggiata Los Proceres – la stessa in cui il popolo ha accompagnato il feretro di Chávez dall’ospedale militare all’Accademia per l’oceanica veglia che ne è seguita – Maduro ha annunciato: «Ho deciso di offrire asilo umanitario al giovane statunitense Edward Snowden perché possa vivere tranquillo nella patria di Bolivar e di Chávez. È necessario proteggere questo giovane che ha rivelato gli oscuri segreti della Cia». Asilo umanitario, come lo si concede ai profughi in fuga da guerre, catastrofi, e gravi persecuzioni.

«Annuncio ai governi amici del mondo che abbiamo deciso di offrire questa figura del diritto umanitario internazionale per proteggere dalla persecuzione scatenata dall’impero più potente del mondo un giovane che ha solo detto la verità», ha continuato Maduro. Un argomento di peso, quello della verità, soprattutto negli Usa: innervato nella costituzione che, per esempio nel famoso Quinto emendamento, concede a un imputato il diritto di non rispondere, ma non quello di mentire. Un punto su cui le organizzazioni per i diritti civili statunitensi hanno insistito anche durante le proteste organizzate contro lo spionaggio di stato nella festa per l’Indipendenza, il 4 luglio: ricordando a Barack Obama le sue promesse (di trasparenza e non solo) pronunciate durante la campagna elettorale. Le petizioni per chiedere la non punibilità di Snowden e la libertà del caporale Bradley Manning, che ha passato le informazioni a Wikileaks (il Cablogate) e che rischia l’ergastolo, sono rimaste lettera morta, al pari di quelle per chiudere il lager di Guantanamo, come promesso da Obama. «Chiudere Guantanamo è risultato più difficile del previsto», ha dichiarato recentemente il presidente Usa fornendo i nomi dei 166 detenuti, molti dei quali in sciopero della fame da 150 giorni e alimentati a forza. E, agli alleati che balbettavano richieste di spiegazioni per essere stati spiati dal programma Prism, ha risposto richiamandoli alla realtà: tutti spiano tutti, per interessi economici e per «la sicurezza». «Non potete avere 100% di sicurezza e anche 100% di rispetto per la vita privata e nessun inconveniente – ha dichiarato il 7 giugno il capo delle forze armate Usa dopo l’esplosione del Datagate – Si devono fare delle scelte sul tipo di società», ha detto.

Scelte che alcuni paesi dell’America latina stanno indirizzando in un altro senso. Con la festa per l’Indipendenza, il Venezuela ha festeggiato la tenuta dell’unione civico-militare, ossatura del socialismo bolivariano messo in marcia da Chávez. Unico esempio che funziona per aver rinnovato, con forti iniezioni gramsciane e di democrazia radicale, quello che in altre parti del mondo è stato il nazionalismo progressista (vedi il nasserismo in Egitto) e che è finito altrimenti. Venerdì, Maduro ha nominato una donna, Carmen Meléndez, ministro della Difesa.

«Per essere indipendenti bisogna sentirlo. E sentirlo non basta, se non si esercitano indipendenza e sovranità», ha affermato il presidente bolivariano. Snowden – ha ribadito – «è un giovane che ha deciso, in uno slancio di ribellione, di dire la verità sullo spionaggio degli Stati uniti contro il mondo».
Un esercizio di sovranità è apparso anche il vertice d’urgenza organizzato a Cochabamba, in Bolivia, dall’Unione delle nazioni sudamericane (Unasur). Un attestato di orgoglio e di appoggio al presidente boliviano Evo Morales nella città che più ha contribuito a portarlo al governo con formidabili lotte di massa contro le privatizzazioni neoliberiste. Il 2 luglio, di ritorno dal vertice dei paesi produttori di gas, a Mosca, Morales era stato costretto a fermarsi per 13 ore a Vienna perché Francia, Portogallo, Spagna e Italia gli avevano negato il permesso di volo sul proprio territorio: per rispondere al volere degli Usa, che sospettavano la presenza di Snowden sull’aereo, hanno denunciato i paesi socialisti latinoamericani. Unasur ha richiesto delle scuse ufficiali ai paesi europei coinvolti nell’abuso. La Francia si è scusata, la Spagna non ha voluto saperne, l’Italia ha declinato ogni responsabilità. E tutt’e tre hanno negato asilo politico a Snowden, che lo ha richiesto a 21 paesi conosciuti più altri 6 i cui nomi non sono stati rivelati per evitare ingerenze Usa. Il parlamento portoghese, rispondendo a un’interrogazione del Partito comunista, ha convocato il suo responsabile Esteri. Ieri anche la Comunità degli stati latinoamericani e caraibici (Celac) ha espresso solidarietà a Morales e «seria preoccupazione», e ha chiesto «un chiarimento dei fatti che costituiscono una violazione al diritto internazionale».

L’annuncio di Maduro ha scatenato l’isteria della destra. «Maduro cerca di nascondere così il disastro del paese», ha detto Henrique Capriles, leader dell’opposizione: lo stesso che, da sindaco di Baruta, nel 2002 ha dato l’assalto all’ambasciata cubana a Caracas, durante il golpe a guida Usa contro Hugo Chávez. Finora gli Usa tacciono. Snowden è ancora al terminal dell’aeroporto moscovita di Sheremetievo, dov’è arrivato il 23 giugno.