Alla Commissione lavoro alla Camera ieri sono state incardinate le tre proposte Pd, Cinque Stelle e Verdi-Sinistra (Avs) sulla riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario. Avs parla di 34 ore, Cinque Stelle di 32. Il Pd non l’ha quantificata.

Arturo Scotto, lei è il primo firmatario della proposta di legge del Pd. Non era preferibile presentare una proposta unitaria?
Ci stiamo lavorando. Pur nelle differenze vogliamo raggiungere lo stesso obiettivo. È importante il fatto che le proposte siano state incardinate alla Camera. È la prima volta che il Parlamento se ne occupa. Quanto alla nostra proposta individuiamo un incentivo per i lavori usuranti. E sosteniamo la contrattazione nazionale. Ci sembra la strada da percorrere. Molto spesso, infatti, la riduzione passa dalla contrattazione aziendale com’è successo per Luxottica. Proponiamo la trasformazione del Fondo nuove competenze in un fondo per la riduzione dell’orario di lavoro e per le nuove prestazioni lavorative come lo smart working. Occorre andare in direzione di una sperimentazione. Questa è una fase importante per la strutturazione di un percorso, come dimostrano molti esempi in Europa, in Francia e altrove.

Italia Viva e Azione non sono d’accordo con queste proposte. «Campo largo» impossibile anche su questo tema?
Non credo. Con Azione abbiamo anche costruito la proposta sul salario minimo. Non era scontato. Raccoglieremo le firme per la legge di iniziativa popolare. Governo e maggioranza dovranno dire no a centinaia di migliaia di persone che firmeranno. Sulla riduzione dell’orario di lavoro occorrerà un dibattito tra tutte le forze alternative alle destre, ma ci dev’essere un’analisi comune. In questa proposta c’è un doppio dividendo: ambientale e sociale. Ambientale perché incide sulle emissioni e sulla qualità della vita nelle città. Sociale perché libera tempo per la conciliazione tra vita e lavoro e salva posti di lavoro. La questione riguarda il modello sviluppo e il suo rapporto con la rivoluzione digitale in corso. Le rivoluzioni industriali sono state accompagnate da una riduzione dell’orario di lavoro. Questa è anche una leva per cambiare un sistema industriale che non ragiona sulla qualità del lavoro ma è fondato sulla riduzione dei salari, sulla precarizzazione, sulla negazione dei diritti. Serve una cornice normativa agile che dia un segnale chiaro.

E se, come sul salario minimo, governo e maggioranza diranno «No» anche stavolta?
Noi siamo pronti a confrontarci in maniera dialettica e produttiva. Una proposta unitaria delle opposizioni aiuterebbe a ragionare anche la maggioranza. La destra deve uscire da questa visione vecchia secondo cui l’Italia compete non sulla qualità ma sulla riduzione dei costi, non sull’innovazione del modello produttivo ma sulla conservazione.

Sosterrete i referendum annunciati dalla Cgil?
Quando il sindacato si muove, e costruisce queste iniziative, è un atto democratico rilevante. Leggeremo i quesiti. Abbiamo depositato come Pd una mozione «primo maggio» che discuteremo a breve. Proviamo a costruire una proposta anche con Cinque Stelle e Avs sulla lotta alla precarietà. Il principio è l’ordinarietà del contratto a tempo indeterminato. Avanziamo l’idea di una bonifica radicale di tutte le tipologie di lavoro precario che hanno condannato più di una generazione alla precarietà a vita. Quando mi sono candidato nella lista Pd-Italia democratica e progressista l’ex segretario Enrico Letta già disse che il Jobs Act andava superato.

Renzi ha rispolverato l’idea che essere contrari al Jobs Act significa «essere contrari al lavoro». Su questo c’è un conflitto…
Il lavoro è stato trasformato in un supermarket dei contratti. Nel lungo periodo le ricette che lo hanno precarizzato si sono rivelate fallimentari. Ed esistono oltre 900 contratti in cui aumenta la concorrenza pericolosa dei contratti pirata. Serve una legge sulla rappresentanza.

Il 25 aprile Il Manifesto ha lanciato una manifestazione nazionale antifascista a Milano. Il Pd aderirà?
Ci sarò sicuramente e penso che ci saranno tutte le forze democratiche che amano la Costituzione e la pace e sono contrarie alla svolta autoritaria del governo Meloni che vuole il premierato e l’autonomia differenziata. Il Pd è sempre stato in tutte le piazze a Milano. Ho ancora un ricordo nitido del 1994 quando Il Manifesto lanciò quello straordinario corteo a un mese dalla vittoria di Berlusconi. Ero un giovanissimo segretario del circolo della Sinistra giovanile a Torre del Greco. Facemmo un pullman e sfilammo in una giornata piovosa. Una giornata memorabile.