Dal Subappennino Dauno il colpo d’occhio sul Tavoliere delle Puglie è grandioso e il Gargano con i suoi morti ammazzati appare una montagna lontana. Ma il territorio è lo stesso, siamo nella Capitanata, balzata all’attenzione dei media per la strage mafiosa di San Marco in Lamis, proprio all’indomani della conclusione del Festival Troia Teatro, che da dodici anni si ripete nella prima decade di agosto per l’impegno di una compagine di associazioni, guidata da Teatri35. Nata con la volontà di coinvolgere l’intera cittadinanza, la manifestazione ha negli anni ampliato l’offerta, accostando l’iniziale vocazione al teatro di strada a un programma differenziato per generi e linguaggi allestito al chiuso, o comunque in spazi protetti, da compagnie giovani o già apprezzate, alcune delle quali chiamate a Troia attraverso il Premio Eceplast, di cui si è svolta ora la settima edizione.

Con l’assegnazione del riconoscimento a Verso une flèche dei torinesi di Tecnologia filosofica, la cittadina del foggiano si conferma luogo di accoglienza per artisti spuri e sperimentatori come la coreografa Francesca Cinalli che, diretta da Paolo De Santis, abita un spazio scenico dilatato e segnato dall’artigianalità di elementi scenografici simbolici, a partire dall’idea di freccia – del titolo – per evocare il maschile e il femminile e condurre verso la tenerezza dei primi passi vibranti di Sara Girardo. Un festival che resiste in una zona in cui, rispetto al decennio di governatorato Vendola e della tanto decantata rinascita pugliese, diversi sono gli abbandoni – a cominciare dallo storico Orsara Jazz – per i ritardi dei bandi regionali.

E ci chiediamo quale anomalia istituzionale possa degenerare al punto di rendere noti gli esiti delle richieste di finanziamento a fine ottobre per un’attività che si svolge in estate. Così Teatri35 e il direttore artistico Francesco O. De Santis hanno realizzato Tuttun’altra Troia (consueto sottotitolo) in attesa che il loro progetto sia approvato per un triennio. Diversamente il festival resterà con un bel buco a consuntivo e non avremo l’edizione 2018.

Eppure, tra temerarietà e volontariato Troia ha vissuto giornate intense con spettacoli diffusi e gratuiti, ma con la raccolta a cappello, mantenendo come fulcro la scalinata della cattedrale con il suo splendido rosone a undici spicchi. Intorno al tema del rito, scelta non casuale per sottolineare la necessità di una trasformazione, di un passaggio a una fase successiva sia soggettiva sia collettiva, ci si imbatte nella totemica installazione di Federica Falancia o ci si prenota per la trilogia di Alessandra Asuni, che scava nelle sue radici sarde, e si resta avvinti dall’erotismo dark di Licia Lanera narratrice gorgogliante di The black’s tales tour. L’anarchismo estenuante di Roberto Corradino, in residenza a Troia, spiazza gli spettatori, mentre si cala nella sua funzione maieutica finanche nei Talking about. Ma sono gli antichi mestieri nei 24 film raccolti in giro per il mondo da Maurizio Borriello per Handmade doc fest a tornare alla memoria del fare operoso.