Il colore arancione ieri ha invaso per la terza volta il centro di Torino per manifestare la ferrea volontà pro Tav di un gruppo di sette donne, poi divenute cinque, che hanno preso il nome di «madamin». Piemontesismo che loro hanno accettato, sebbene il suo significato sia vagamente offensivo: ma tanto il dialetto a Torino lo parla solo qualche superstite.

In piazza Carignano oltre mille persone hanno circondato il palazzo che ospitò il primo parlamento italiano e, al grido «sì tav subito, sì tav subito» hanno resistito per quasi due ore. Doveva essere un flash mob, un’iniziativa estemporanea inventata venerdì pomeriggio, ma il caos proveniente da Roma sul dilemma bando o non bando ha rafforzato la manifestazione.

Il popolo sì tav continua ad essere agguerrito. Sono passati quasi quattro mesi dai primi vagiti di questo sotterraneo mondo di cui si ignorava l’esistenza, ma non si può dire che la sua spinta abbia perso energia.

E così ieri sono andate in scena le prove generali della prossima, e sarà la terza, manifestazione di massa prevista per domenica prossima in piazza Castello. Sono attesi altre trentamila manifestanti.

La questione Tav ormai esula dalla sua portata ed entra nella sfera simbolica della questione di principio: e così si potevano sentire compassati signori urlare che senza la Tav Torino è isolata e le imprese se ne andranno e tutto crollerà.

Altri erano indignati per le notizie – in realtà favorevoli a chi vuole il Tav – in arrivo da Roma: i bandi che sono avvisi, che poi sono manifestazioni, suonavano assai male alle orecchie dei manifestanti. E Salvini? «Un traditore del Piemonte», scandivano all’unisono marito e moglie visibilmente arrabbiati.

I presenti sono sempre gli stessi: le eroine pro tav con sciarpa o foulard arancione, armate di megafono e slogan, la borghesia torinese del centro città o della collina, militanti e stato maggiore del Partito Democratico torinese capeggiati dal presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino. Il quale nel suo elettorato di riferimento e non solo, salutato uno per uno selfie per selfie anche lui, recupera con certosina pazienza voti.

Il resto, intorno al carsico sì tav emerso in un assolato sabato pomeriggio torinese, la città vagamente attonita di fronte a quel compassato mondo così eccitato ed arrabbiato.
In mattina erano stati gli imprenditori, riuniti presso Torino Incontra, a minacciare azioni legali contro il governo nel caso in cui i bandi non vengano pubblicati lunedì prossimo.
Presenti circa trenta parlamentari fra Pd, Lega e Forza Italia.

Così il leader degli industriali di Torino Dario Gallina: «Chiediamo che si vada avanti, il governo deve fare la scelta più responsabile per il paese e deve permettere a Telt di pubblicare i bandi, per non mettere a repentaglio le risorse dell’Europa. Al vicepremier Salvini dico: bisogna andare al di là dello screzio politico e valutare il merito. E fare scelta giusta. Qui è in gioco il futuro del paese».

Quando la parlamentare leghista Marzia Casolati prende la parola la platea fischia e contesta, e a poco servono le sue parole: «La Lega è a favore, per noi i bandi lunedì devono partire, non so cosa succederà nel week end. Chiedo alle forze politiche e imprenditoriali di farci lavorare serenamente con i tempi che deciderà Matteo Salvini. Si è sempre espresso per la Tav, mi fido di lui, fatelo anche voi». «Se il 4 marzo più persone avessero votato per Salvini – aggiungeva tra i fischi – adesso non sareste in questa situazione» .

L’enorme vantaggio della destra leghista per le prossime elezioni regionali potrebbe essere risucchiato nel gorgo del Tav e del M5s.