Arriva il secondo tempo del teatro Valle: la Fondazione
Beni Comuni Presentata ieri con Stefano Rodotà, nuova tappa di un processo iniziato 27 mesi fa
Beni Comuni Presentata ieri con Stefano Rodotà, nuova tappa di un processo iniziato 27 mesi fa
Quattordici giugno 2011. A piazza di Torre Argentina il caldo era feroce, ma gli intermittenti dello spettacolo che avrebbero occupato il teatro Valle erano già pronti alle dieci. Si erano divisi in gruppi, zaino in spalla, lenti scure, passo apparentemente svagato, aria da turisti con gli anfibi. Al telefono parlavano per monosillabi.
«Ora accelera, non fermarti – dicevano – Dopo Corso Vittorio Emanuele convergiamo in un solo punto». Mancavano duecento metri dall’ingresso per gli artisti del teatro e sembravano un’eternità. L’ingresso è stato aperto, un centinaio di persone sono entrate sul palco di quella che, dopo 27 mesi di occupazione, è diventata la Fondazione del «Teatro Valle Bene Comune». Quell’estate è stata, ogni sera, un tourbillon di migliaia di persone mai visto prima nel centro di Roma.
Allora sono stati in molti a capire che il Valle occupato sarebbe diventato un esperimento del futuro anteriore. Il mondo come sarà domani è quello che state vivendo qui e ora.
All’entrata del teatro ieri spiccava un fiocco rosa, segno di una nascita femminile, quella della «Fondazione» appunto. Indica anche la forza con la quale le donne, presenti in maggioranza nell’occupazione e nella sua assemblea, hanno spinto questa esperienza a raggiungere un obiettivo insperato: realizzare un’istituzione autonoma («del comune»), auto-governata dalla cittadinanza e dagli artisti, prodotta da un movimento nato dall’alleanza tra gli intermittenti dello spettacolo, i tecnici del vecchio teatro Valle, i giuristi come Ugo Mattei o Stefano Rodotà, e 5600 soci fondatori che hanno assicurato 143 mila euro alla Fondazione che è stata regolarmente registrata da un notaio. Gli altri 107 mila euro, necessari per raggiungere la quota stabilita per legge di 250 mila euro, sono stati donati da decine di artisti che hanno ceduto gratuitamente le loro opere. Lo statuto della fondazione è all’esame del prefetto di Roma che avrà 4 mesi di tempo per approvarla.
Il teatro funzionerà in questo modo: le cariche direttive, comprese quelle artistiche, saranno turnarie ed elette dall’assemblea dei soci. Verrà inoltre realizzato un sistema economico su basi di quità nella retribuzione del lavoro e di redistribuzione della ricchezza prodotta. Verranno garantite al lavoro indipendente tutele e diritti negati ovunque. Sono stati nominati 12 membri del consiglio esecutivo che coordineranno per ora le assemblee dei soci fondatori. La fondazione viene intesa come uno strumento dell’occupazione che non finisce, ma si trasforma.
Da oggi vivranno insieme, perché «la fondazione sarà un laboratorio – afferma l’attrice Ilenia Caleo – Il movimento che sta alla base del Valle si è dotato di uno strumento collettivo e giuridico superiore per consolidare il processo politico in atto e per rapportarsi alla pari con le istituzioni locali e il ministero dei Beni Culturali». Per Stefano Rodotà, che ha voluto festeggiare insieme a Fabrizio Gifuni Fausto Paravidino e molti altri, il singolare approdo istituzionale, «la fondazione rafforza l’interlocuzione con il Comune di Roma e il Ministero dei Beni Culturali – ha detto – Prescindere da questa esperienza rigorosa fondata sui beni comuni che ha una forte legittimazione sarebbe un’insopportabile forzatura».
Al sindaco di Roma Marino, al ministro dei Beni culturali Bray – nei giorni scorsi si è fatto vedere in teatro – e al governatore del Lazio Zingaretti i «comunardi» chiedono il «riconoscimento politico» di un esperimento di «legalità costituente». E li invitano a partecipare a «tavoli aperti e pubblici». Da loro non verrà una richiesta di attribuzione della struttura, come avviene nella peggiore politica clientelare, a destra come a sinistra. Si vuole creare un processo di auto-governo e di creazione normativa. Un’apertura generosa, ma necessaria, perché nel diritto italiano mancano le norme sui beni comuni, se si escludono gli articoli 41 e 43 della Costituzione.
A questa sfida ha risposto l’assessore capitolino alla cultura, Flavia Barca che ha detto di apprezzare l’esperienza, anche se la fondazione non solleva i «comunardi» dall’«illegalità» Il Comune troverà uno spazio altrove. Una proposta che ha tutta l’aria di essere irricevibile.
Le «vecchie istituzioni» continuano a vivere nel tempo della contabilità e delle compatibilità. Il Valle resta nel futuro anteriore. È di ieri la notizia dell’ultimo premio alla sua impresa dalla European Cultural Foundation di Amsterdam. Il Valle «è una luce oltre la precarietà dell’Europa colpita dalla crisi finanziaria» si legge nelle motivazioni. La nuova stagione del Valle prevede spettacoli dei Motus, Antonio Latella e Pippo Delbono.
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