Appena un anno fa, il sindaco Pasquale Basile aveva convocato una conferenza stampa per denunciare delle minacce che avrebbe ricevuto. Ora la sua giunta comunale è azzerata perché, più che collusa con la ‘ndrangheta, è stata considerata dai magistrati organica ad essa: una forma originale della mafia, un inedito in Italia. Dall’altro ieri sono in carcere il sindaco Pasquale Basile, ben cinque assessori (uno di loro è il figlio del boss Stummo), il comandante dei vigili urbani, dirigenti e impiegati. Tra arresti e avvisi di garanzia, solo un assessore è uscito intonso dall’inchiesta. Tra gli indagati anche l’ex sindaco Mario Russo, ora capogruppo alla Provincia del Pdl, che avrebbe sostenuto il sindaco Basile “salvo poi lamentarsi di non essere stato coinvolto nella gestione degli appalti”.

Ieri mattina il prefetto di Cosenza, Raffaele Cannizzaro, ha provveduto a nominare un commissario: si tratta del viceprefetto vicario Massimo Mariani. E ora si attende anche la nomina di una commissione ministeriale di accesso agli atti. Nel mirino ci sono le aggiudicazioni degli appalti per i parcheggi a pagamento (le cosche avrebbero costituito una cooperativa ad hoc), le pubblicità demaniali, la spartizione delle assegnazioni dei lidi, l’appalto per la raccolta della spazzatura (dove sarebbe stata pagata una tangente da 500 mila euro). Da ultimo, rimane da vedere cosa ne sarà del megaprogetto del porto turistico (di cui parliamo nell’articolo sopra), contestato dagli ambientalisti.

Quello che bisognerà capire è anche se, come hanno sostenuto gli investigatori, con il blitz di due giorni fa sia stato evitato un sanguinoso scontro armato. Il patto tra la cosca Valente e quella degli Stummo era solo di convenienza e il sindaco Basile (che pure era stato visto abbracciato in pubblico a Pietro Valente subito dopo l’elezione), dicono i pm, era stato “costantemente impegnato a cercare un punto di mediazione fra le due fazioni”, sedendosi con loro al tavolo delle trattative nello studio di un avvocato. Negli ultimi tempi l’alleanza tra le due ‘ndrine (entrambe facevano capo al potente clan Muto di Cetraro, egemone in tutto il cosentino fino al basso salernitano) si era però incrinata, al punto che il boss Pietro Valente aveva abbandonato per rifugiarsi a Sala Consilina, dove poteva godere di solide protezioni, e stava organizzandosi per andare all’offensiva. Cosa accadrà ora che le due cosche sono state decapitate?