Non ce l’ha fatta nemmeno questa volta, e così per Maurizio Gasparri il 2018 diventa l’anno delle candidature mancate. La corsa per la guida della regione Lazio, in realtà, non lo allettava granché: aveva annusato che era persa in partenza. Per la presidenza della vigilanza Rai, invece, sembrava quasi fatta. Ma i 5 Stelle come avrebbero potuto mai giustificarlo di fronte alla loro base? Aprire la porta principale della commissione che vigila sul servizio pubblico proprio a colui che, da ministro delle comunicazioni, diede il nome alla famigerata berlusconianissima riforma del sistema tv? Giammai. Dovrà «accontentarsi» di presiedere la giunta per le elezioni del Senato. E allora si può dire che alla fine anche in questo caso, come per le elezioni regionali, Gasparri cade in piedi, conquistando comunque una poltrona importante e delicata. Per il dem Lorenzo Guerini si conferma invece la guida del Copasir, nonostante le resistenze leghiste.

PRESIDENTE DELLA VIGILANZA Rai invece di Gasparri sarà il meno ingombrante Alberto Barachini. Berlusconi piegato di nuovo dai pentaleghisti? Non esattamente. Si tratta pur sempre di un senatore forzista. Di più: il prescelto proviene dall’azienda, intesa per Mediaset, dove è approdato come giornalista nel 1999. Ed è un fedelissimo del Cavaliere. Che infatti non da ieri aveva scommesso su di lui, in nome del rinnovamento del partito. E che ha dato l’ok finale ieri dopo un pranzo ad Arcore con Confalonieri. Facce nuove, vecchi conflitti d’interessi, anche con il «governo del cambiamento».

Barachini non sarà il primo parlamentare del gruppo di Forza Italia a guidare la commissione di vigilanza Rai. Il primo (fino a oggi unico) fu Marco Taradash, radicale eletto nelle liste azzurre, tra l’altro fondatore nel 1974 con Paolo Romani, uomo di fiducia di Sua Emittenza per le tv, di TeleLivorno.

Altri tempi, quelli della presidenza Taradash. Ma è allora che si comincia a parlare, appunto, del mai risolto conflitto d’interessi. Era il 1994.

Poi per prassi la presidenza della commissione di vigilanza Rai – tra quelle considerate di «garanzia» – comincia a andare alle opposizioni. Opposizioni più o meno benevole. Dopo gli anni di «Epurator» Storace (che amava fare liste di proscrizione di giornalisti e conduttori sgraditi) e di un altro ex An, Mario Landolfi, che a un giornalista (Danilo Lupo di Non è l’Arena) ultimamente ha persino mollato uno sganassone, arrivò infatti nel 2001 l’allora diessino Claudio Petruccioli. Vecchio amico di Confalonieri, in odore (forte) di inciucio proprio negli anni in cui si consumava l’«editto bulgaro», Petruccioli diventerà, nel 2005, presidente della Rai dopo essere andato a trovare l’allora premier Silvio Berlusconi a palazzo Grazioli. Insomma, quando si tratta di tv il Cav sa sempre come muoversi, allora come oggi.

I nuovi presidenti della commissione di vigilanza e del Copasir saranno eletti questa mattina, nelle prime sedute dei due organismi per i quali tutti i gruppi hanno indicato ieri i loro rappresentanti.

SEMPRE OGGI LA CAMERA e il Senato eleggeranno ciascuno due componenti per il consiglio d’amministrazione della tv pubblica, come prevede la «riforma Renzi». Altri due saranno indicati dall’azionista, il ministero dell’economia, e un settimo consigliere sarà il rappresentante scelto (domani) dai dipendenti dell’azienda. Di indicazione governativa anche l’amministratore delegato (sarà votato nell’assemblea degli azionisti il 23 luglio) con i superpoteri previsti da un poco lungimirante Renzi.
Ieri sulla piattaforma Rousseau sono stati votati i due nomi dei 5 Stelle che concorreranno per un posto in cda. Si tratta di Beatrice Coletti (arrivata in testa con 6.557 voti) e Paolo Cellini (4.253 preferenze). La consigliera Rai dovrebbe dunque diventare Coletti, da 26 anni nel mondo della tv e ora alla guida di Fremantle Media Italia e consulente Sky.
Salvo sorprese, lo schema prevede due consiglieri alla maggioranza (uno indicato dai 5S e uno dalla Lega), uno a FdI (Giampaolo Rossi) e uno al Pd. I renziani vorrebbero confermare Rita Borioni, ma in corsa sarebbero anche Michele Santoro e il direttore della Reggia di Caserta Mauro Felicori.

PIÙ COMPLICATA LA PARTITA per i nomi del presidente e dell’amministratore delegato, che si intreccia a quella per Cassa depositi e prestiti. Per la presidenza la Lega punta su Giovanna Bianchi Clerici, ex deputata e già consigliera d’amministrazione Rai per il Carroccio, attualmente all’Autorità durante della privacy. Troppo targata per i pentastellati, soprattutto per l’ex presidente della vigilanza Rai Roberto Fico. Se la Lega avrà la presidente (che dovrà ottenere il via libera dai due terzi della commissione di vigilanza), i 5S indicheranno l’ad. Ma con il tetto di 240mila euro di stipendio non c’è una ressa di manager pronti a bussare alle porte di viale Mazzini. I 5 Stelle negano di voler per questo chiedere al Tesoro di studiare il modo per aggirare il tetto.