Lex vicesindaco in cella a Montorio, con la moglie agli arresti domiciliari nell’appartamento ristrutturato dal re degli appalti. È l’inizio della fine del «sistema Tosi», il leghismo doroteo che ha monopolizzato la città.

Ieri mattina la clamorosa svolta nell’inchiesta della pm Beatrice Zanotti. In manette Vito Giacino, 41 anni, leader dei giovani di Forza Italia «convertito» alla Lisa Civica di Tosi: 4.128 voti su 45.359 alle Comunali 2012, assessore all’urbanistica con delega all’edilizia privata fino al 15 novembre. Si era dovuto dimettere dopo l’apertura di un fascicolo per corruzione. Destino comune alla moglie Alessandra Lodi, 35 anni, anche lei avvocato, e ad altri indagati a piede libero (nell’elenco non c’è il sindaco, come ha voluto precisare il procuratore Mario Giulio Schinaia).

Alla radice dell’inchiesta, missive ed esposti dettagliati, mentre sembrano non aver pesato le lettere anonime firmate da un «corvo» infiltrato in municipio. Secondo la procura, a Verona funzionava così: per ottenere il disbrigo delle pratiche urbanistiche ci si doveva necessariamente rivolgere alla moglie del vicesindaco che percepiva un compenso per la «consulenza tecnica». Poi una vicenda parallela altrettanto sintomatica: i coniugi Giacino-Lodi si sarebbero fatti ristrutturare l’appartamento da So.Ve.Co Spa, l’impresa di costruzioni che ha vinto appalti d’oro: dal traforo al filobus, dal ponte San Francesco ai parcheggi dell’ex-gasometro e di piazzale Cadorna.

Così la Verona maronita di Tosi si risveglia come se fosse ancora l’epoca della Dc del sindaco Sboarina. Lo scenario – al di là del lavoro della magistratura – è inquietante: la politica che cannibalizza l’Azienda Gestione Edifici Comunali (Agec) e la parentopoli affiorata nelle municipalizzate, senza dimenticare i recenti 19 arresti sul fronte delle infiltrazioni della mafia dell’Est.

Verona, la nuova frontiera di affari & politica a cavallo tra la Lombardia di Formigoni, il Trentino di Dellai e l’Emilia di Errani. E il faro della Fondazione Tosi sembrava illuminare banche, imprese, finanza bianca, sanità, professionisti, fino alla Compagnia delle Opere che ha traslocato il suo headquartier a San Martino Buonalbergo.

Ma da tempo il «sistema Tosi» era lampante, nonostante l’omertà. Una voce su tutte è il blog Verona Pulita: già a maggio Michele Croce anticipava tutto nei dettagli. «Nella sua missiva il corvo bersaglia il vicesindaco ed assessore all’urbanistica del Comune. Secondo la raccapricciante missiva chiunque voleva ottenere qualcosa dal settore urbanistica doveva obbligatoriamente richiedere una consulenza legale alla coniuge, la quale avrebbe percepito i compensi da numerose imprese per alcune centinaia di migliaia di euro. Tanto da potersi permettere un appartamento da sogno al centro di Verona per il quale, nonostante i rigorosi vincoli urbanistici e architettonici, avrebbe ottenuto tempestivamente tutti i permessi necessari».

Non solo: Croce puntava l’indice proprio sulla ristrutturazione di casa Giacino&Lodi. «Altra anomalia, è che l’impresa sia la So.Ve.Co. Spa che negli ultimi anni a Verona ha sbancato. Il responsabile che si è occupato dei lavori sotto il versante amministrativo sarebbe l’architetto Cristina Salerno, moglie dell’ingegnere Giuseppe Casagrande, già più volte direttore lavori nei cantieri So.Ve.Co».

Il 3 giugno era arrivata la diffida con minaccia di querela da parte del vice di Tosi. Cinque mesi più tardi Giacino firma le sue dimissioni. Ieri è finito in carcere.

Mentre Croce non scherza con la giunta Tosi. Era stato nominato presidente dell’Agec, scoprendo più di uno scheletro nell’armadio. Lo segnala al sindaco e… viene rimosso. Ma firma un esposto-denuncia che il 25 ottobre permette alla Guardia di finanza di effettuare nove arresti per peculato, corruzione, abuso d’ufficio, turbata libertà in procedure di appalto e falsità in atti. E proprio venerdì comincia il processo…