Visioni

Armando Corsi, la chitarra del fado ha un cuore popolare

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Incontri La scoperta della musica da ragazzino, i dischi di Joao Gilberto, la voglia di esplorare la melodia portoghese fuori dai canoni tradizionali

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 24 luglio 2014

Arie di fado nella Sala delle Guardie di Palazzo Madama, riff di rock e blues nell’Arena Paolini della Galleria di Arte Moderna. Così Torino, per tre giorni ha voluto avvolgere di suoni due importanti mostre dedicate al Portogallo: Tesori dal Portogallo. Architetture immaginarie dal medioevo al Barocco, fino al 29 settembre al Palazzo; Julião Sarmento. Lo sguardo selettivo, retrospettiva del più importante artista portoghese vivente, alla GAM fino al 31 agosto.
Tre i concerti, in collaborazione con il Folkclub, tempio cittadino della musica colta. Armando Corsi, già chitarrista di Ivano Fossati e raffinato compositore, è andato in scena, con la splendida voce di Daniela Garbarino. Così Frankie Chavez, giovane polistrumentista considerato astro nascente della nuova scena musicale lusitana, tre album all’attivo, tra breve in Italia il nuovo, Frankie Chavez. Il terzo e ultimo concerto, Guitarra portuguesa, 29 luglio, vedrà protagonista il maestro Custodio Castelo (info: folklub.it, 011/537636).
Bermuda, maglietta, faccia abbronzata di chi davanti al mare di Genova ci vive, baffi e pizzetto candidi, Corsi è l’immagine di un uomo vicino ai settanta che nella musica ha trovato una bella ragione di vivere, coltivata da mezzo secolo esatto. Ed è questo che lui racconta giocando con i ricordi, spiegando la nascita e la crescita della sua passione, snocciolando nomi di artisti con cui ha condiviso la scena in Italia e nel mondo. Prima di tutto c’è l’Armando bambino: «Mio padre, la domenica, mi portava ad ascoltare i bravissimi chitarristi da dopolavoro che suonavano nelle osterie dei caruggi» eacconta. A dieci anni appena decide di fare della sei corde lo strumento del suo futuro: «Lasciai la scuola dopo la quinta elementare. Tre anni di corso di contrabbasso al Conservatorio Paganini, allora non c’era la cattedra di chitarra. La mancanza di molte materie scolastiche mi impedì di ottenere la licenza di scuola media. La mia poca o tanta cultura me la sono creata lungo i percorsi della vita».
Poi c’è l’Armando ragazzino che si innamora dell’anima latina della musica. E di nuovo è bello ascoltare il suo racconto: «Avevo dodici o tredici anni quando arrivò da noi il primo disco di João Gilberto (Chega de saudade, 1959). Con la mia famiglia abitavamo in periferia, e non potevamo certo permetterci un giradischi. Così prendevo il tram, il 12, e andavo in centro, da un amico, Sergio Bertola, che aveva una pensione. E un giradischi. Fu lì, vinile dopo vinile, che maturò il mio amore per la musica latina. Penso di avere, con la gente che la scrive, molte analogie: una nota è pensata in quel modo, un accordo è messo in quel modo, c’è una comune tensione emotiva».
Armando scrive sullo spartito, ma si definisce «un grandissimo orecchiante». «Suono senza leggere niente. I miei allievi vengono da me per capire prima di ogni altra cosa come vivo la musica. Il resto è necessaria palestra, compito da fare a casa». Corsi, il suo concerto torinese è dedicato al fado. Quale definizione dà della musica portoghese per antonomasia, e cosa ne pensa del Novo Fado che ha tra i suoi artefici gruppi quali i Deolinda? «Fado, secondo me, non significa, come dicono i portoghesi, melancolia. Vuol dire vita anche nella sofferenza e nell’umiltà del popolo. Il mio disco ‘fadista’, Alma, del 2010, cui dà voce Daniela Garbarino, mette in fila grandi evergreen. Basterà citare Coimbra e Maria Lisboa. Ho voluto inserire strumenti e arrangiamenti che, senza nulla togliere alla melodia tradizionale, dimostrassero la possibilità di esprimere il fado fuori dai suoi canoni. Perciò la chitarra classica, il basso, le percussioni, il piano Fender. La più grande interprete del Novo Fado è Dulce Pontes: voce lirica pazzesca, pianista eccezionale. E la capacità di stregare da sola diecimila persone in un concerto».
Facciamo un passo indietro. Arena Paolini della GAM, 11 luglio. Frankie Chavez strappa applausi entusiasti al pubblico rimbalzando dal rock di una Gibson elettrica al blues sprigionato chiamando al lavoro le dodici corde della chitarra portoghese, addolcisce l’aria estiva con suoni delicati e di pura acustica a sei corde accompagnata dall’armonica, duetta con il bravissimo batterista João Correia. Duetto era stato anche quello di Corsi e Garbarino. Scelte diverse, fado protagonista e fado solo evocato. Comunque grande musica lusitana.

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